Nel 1996 Inycon, Menfi e il suo vino celebrava la istituzione della “Doc Menfi”avvenuta nell’agosto 1995.
Nel 2011, Inycon, Vino.Mare.Menfi. celebra l’istituzione della “Doc Sicilia”, annunciata dal Sindaco Michele Botta durante il talk show di venerdì “il territorio in un bicchiere”.
Il comitato nazionale per il riconoscimento delle Doc (denominazione di origine controllata) presso il ministero delle Politiche Agricole ed Alimentari a Roma ha approvato l’istituzione della Doc Sicilia.
Nella stessa occasione è stata modificata la denominazione dell’Igt (indicazione geografica tipica) in Igt terre siciliane.
Si tratta del coronamento di una lunga battaglia, un tassello fondamentale per la politica regionale vitivinicola e premia il lungo lavoro di qualificazione della viticoltura siciliana.
Un lavoro e un’azione capillare che, in poco più di un ventennio, l’Assessorato regionale alle Politiche Argricole, l’IRVV, le organizzazioni sindacali, le centrali cooperative come la menfitana Settesoli e buona parte degli stessi operatori del settore, hanno portato a termine per liberarsi dall’etichettatura e dal binomio che associava il vino siciliano al prodotto da taglio per altri vini (pregiati) di altre regioni italiane ed europee e nello stesso tempo per affrancarci nel mercato dalla subalternità colturale e culturale nella quale era sprofondata (per precise responsabilità) la
vitivinicoltura isolana.
All’approvazione del riconoscimento da parte del comitato, i rappresentanti di tutte le regioni hanno manifestato il loro plauso per la decisione.
In questo ventennio, con il progredire ed il riappropriarci dei processi produttivi di qualità enologica, parallelamente, nascevano e venivano riconosciute nuove DOC territoriali che, aggiungendosi alle dodici DOC preesistenti, complessivamente portavano a 21 le Denominazioni d’Origine dei vini siciliani (di cui una – il Cerasuolo di Vittoria – divenuta DOCG).
Questa crescita, anche nei sistema di qualità certificati e riconosciuti dal mercato, sono stati importantissimi, anche se quantitativamente minoritari in termini di volumi di prodotto rivendicato, per far prendere dimestichezza e familiarità alle aziende con il mercato del prodotto confezionato, con il sistema e con le regole della certificazione di qualità e soprattutto con l’importanza della rivendicazione dell’identità produttiva e territoriale che ne attesti l’origine, la provenienza e le caratteristiche organolettiche.
Nel 1991 ancora il 93% del prodotto isolano era indirizzato o al mercato dello sfuso, di cui il vino da taglio era preponderante, o al sistema protetto e assistito della distillazione. Se oggi il 15% raggiunge i mercati come prodotto confezionato in Sicilia e un altro buon 35% come prodotto identificabile e proveniente dalla Sicilia, un buon passo avanti è stato fatto e non solo per meccanismi di spontaneità, ma, in un mercato caratterizzato da importanti reti d’imprese del nord e centro Italia ed affollato di vecchi (Francia, Portogallo, Ungheria, Spagna) e nuovi protagonisti (Australia, California, SudAfrica, Cile) sulla scena internazionale, il gioco di squadra dei diversi attori della filiera siciliana, istituzioni comprese, per affermare i percorsi ed i processi di qualità, è stato fondamentale. Ma allora, se tutto questo marciava perché c’e bisogno della DOC Sicilia?
Il fatto è che i mercati non sono statici e soprattutto i suoi confini, il contesto competitivo nel quale operavamo vent’anni fà, è profondamente cambiato. La globalizzazione ha allargato le dimensioni del mercato su tutti i continenti: tutti competiamo su tutto, in particolare nel vino, prodotto ormai glocalizzato per eccellenza, nel senso che fra tutte le produzioni agroalimentari, a parte le commodities come il grano o il riso, il vino, come messaggero di un territorio, rappresenta contestualmente il locale ed il globale.
Da 10 mila anni, da quando l’uomo pratica l’agricoltura, il binomio uomini e vigne cammina parallelo e quasi inscindibile con il procedere e il dispiegarsi della storia e, nel significato antropologico del termine, della cultura occidentale che ha, in questa fase storica, prodotto la cultura del mercato così come lo conosciamo oggi noi.
L’identità produttiva (la Denominazione d’Origine) e la sua certificazione sono, la carta d’identità o il passaporto per viaggiare nei moderni mercato globali. La certificazione DOC di un prodotto, per fare un paragone con le regole riconosciute delle comunità statuali internazionali, è al contempo l’atto di nascita di un prodotto e la descrizione delle sue caratteristiche somatiche, l’espressione nella comunità del mercato della sua esistenza in vita.
La globalizzazione, accanto ad uniformità, criteri e parametri di valutazione del concetto di qualità, porta con se, in dote, notevoli opportunità; naturalmente per chi le sa cogliere e si attrezza per conquistarli nel veloce turbinio d’adeguamento che spesso il mercato impone e richiede.
Nuovi mercati e nuovi consumatori, infatti, si sono affacciati nello scacchiere della domanda: i paesi emergenti con i loro grandi numeri di popolazione, ma anche nuove fasce di consumatori, spesso anche giovani, nelle aree di tradizionale consumo del vino e nello stesso mercato interno. Tutte le ricerche di mercato concordano e ci indicano che complessivamente i consumatori del vino nel mondo sono cresciuti.
(tratto da siciliainformazioni.com)