Sicuramente è quello che a me è accaduto grazie all’incontro con la graphic novel “Viola Giramondo” di Teresa Radice e Stefano Turconi, pubblicata da Tunuè nella collana per i più giovani Tipitondi.
Un libro che mi ha rischiarato l’animo, animato da una riuscitissima protagonista che unisce mirabilmente la spiccata sensibilità ad un carattere autonomo e peperino.
Il racconto è diviso in tre capitoli indipendenti tra loro, ciascuno dei quali racconta un’avventura di Viola e dei suoi amici e familiari del Cirque de la Lune, compagnia circense eterogenea e variegata, ma unita da un fortissimo spirito di collaborazione, affetto ed amicizia.
Il tempo è la metà del diciannovesimo secolo e lo spazio è tutto il mondo visto che il circo del quale fa parte la ragazzina – figlia della Donna Cannone e del professor Vermeer, illustre entomologo, per amore convertitosi da accademico a domatore di insetti – viaggia incessantemente, nei luoghi più diversi e lontani, per portare i suoi spettacoli dalle città d’arte dell’Europa ai luoghi selvaggi del Canada, fino alle vette innevate e impervie dell’Himalaya.
Viola è ribelle ma affettuosa, curiosa e solidale, vivace, scanzonata ma, allo stesso tempo, gentile e generosa.
La sua è una famiglia allargata nella quale, più che i legami di sangue, contano quelli affettivi.
Tante le razze umane presenti nel circo, tante le storie confluitevi portate dalla gente che, per nascita o per scelta, si è trovata a viaggiare con la compagnia artistica.
Capita così che si chiami nonno un vecchissimo contadino himalayano, saggio come il più saggio degli uomini, che si voglia bene, ricambiate, ad un burbero zio, spesso accigliato ed animoso ma, di fondo, dal cuore tenero. E, ancora, accade che si abbia per amico un simpatico e un po’ geloso trapezista che va in giro con una scimmia a tracolla e che la propria dimora inizi con un lo spazio limitato di un carrozzone ma si estenda, come per magia, a tutti continenti e a tutti i cieli.
Viola è cittadina del mondo e non solo nei termini, un poco scontati, del viaggio. Lo è perché la sua natura non ammette frontiere e, nella sua semplicità, allegria e ridente entusiasmo, abbraccia tutti gli amici che incontra sulla via.
Questo accade a Parigi, nella prima avventura, quando si imbatte per caso in un tipetto strambo dalle abitudini mondane e poco morigerate.
Si tratta niente poco di meno che di Henri de Toulouse-Lautrec, il celebre pittore impressionista che tra le ballerine del Mouliné Rouge se la spassa ma un po’ meno bene si dibatte tra debiti e impegni di lavoro.
Viola ed Henry stringono subito amicizia: l’una aiuterà l’altro a trovare l’ispirazione e a risolvere così qualche problema in famiglia, introducendolo anche al mondo colorato e pittoresco del circo, il secondo offrirà alla prima sostegno e rinvigorirà la sua fiducia in se stessa in modo da portare a compimento i suoi doveri apprezzando meglio la sua meravigliosa realtà.
Uno, capitato lì per un incidente, è addirittura il direttore del conservatorio di New York, musicista e compositore di gran fama. L’altro è invece un nativo americano in fuga, con un gran talento per la musica e un enorme potere di empatia con la natura.
L’incontro favorirà la vita di entrambi i personaggi che trarranno arricchimento l’uno dall’altro unendo i loro cammini d’arte.
L’ultima storia è sicuramente la più intensa e toccante e vede la compagnia circense tutta alle prese con un momento cruciale: la morte, imminente, di Tenzin, il vecchio maestro che in tanti anni di viaggio ha fatto da nonno, saggio e consigliere, ha accolto e alleviato e per tutti ha avuto una parola di illuminazione e conforto.
Tenzin è molto anziano ed è arrivata, come è naturale che sia, la sua ora. Ma ha espresso un desiderio: tornare presso la sua terra, sulle montagne dell’Himalaya che hanno visto i suoi natali e presso quei luoghi ricongiungersi al flusso incessabile della natura.
Il viaggio per esaudire le volontà dell’uomo sarà un momento sì triste, ma anche di profonda riflessione per tutti gli artisti. Ciascuno ripercorrerà la storia che lo lega al Cirque de la Lune condividendola con gli altri e rinsaldando, ancora di più, il legame che li tiene insieme.
La vena che a mio parere rende incantevoli i racconti di Viola Giramondo è quella che unisce mirabilmente un profilo esistenziale, profondo, vibrante ma buono, ad una vitalità di suoni e di colori, di razze, di genti ed armonie.
E’ come se le pagine del fumetto ci raccontassero che esiste una modo euritmico di guardare alla vita ed è quello che passa attraverso la conoscenza e lo scambio, la fratellanza, la sintonia con la natura e con gli uomini, l’arte, la musica, la poesia, la capacità di amare, di accettare e di guardarsi dentro…in una solo frase quello sguardo luminoso che vede l’uomo come parte del cosmo e capace di arricchirlo.
Altro motivo importante è quello dell’accettazione piena della vita in tutte le sue sfumature, capacità che è forse l’unica via vera alla felicità. Lo sguardo intenso e spalancato di Viola su tutto e tutti, la curiosità, l’apertura solare verso le persone e la dote di saper godere di ogni luogo e di ogni spazio rappresentano i tasselli per costruire un’esistenza piena e, come tali, vale la pena ricordarli ai nostri figli.
Molto felice anche la grafica dell’albo, che in un fumetto, dove linguaggio iconico e testuale si compenetrano alla massima potenza, è parte integrante del messaggio e del recepimento dello stesso.
Disegni mossi, freschi, dinamici, vitali, ricchi ma non dispersivi, ironici, divertenti ed espressivi, capaci di guidare il lettore lungo la corsia del racconto aiutandolo ad immergervisi perfettamente.
Splendida ed efficace anche la resa degli scenari paesaggistici, tale da esprimere atmosfera e regalare suggestione
Consiglio davvero vivamente “Viola Giramondo” non soltanto ai ragazzini ma anche agli adulti. Perché vale sempre la pena ricordare quanto è bello il mondo e i suoi abitanti.
(età consigliata: da nove anni)
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