Violavinca è una piccola grandiosa realtà, un progetto imprenditoriale a otto mani, frutto di un gruppo di lavoro di quattro esperti del settore (e di tutti i loro impiegati) che hanno unito la passione per il made in Italy (e il made in Tuscany soprattutto), il gusto per il bello e le più avanzate tecniche per realizzare calzature stabili, robuste e comode.Ho avuto la fortuna di conoscere e parlare personalmente con uno dei quattro volti di questo gruppo, il Project Manager Massimo Pelagotti, che si occupa di prototipazione e sviluppo delle collezioni, durante il blog tour organizzato dall'Istituto Modartech di Pontedera (trovate il post qui).Con molta pazienza, genuinità e l'emozione negli occhi, Massimo ha raccontato a me e alle mie compagne d'avventura la storia di Violavinca, arrivata ormai alla sua terza stagione.
La mission del brand è quella di unire l'estetica al comfort. Le scarpe Violavinca non incarnano solo femminilità, glamour e trend di stagione; grazie ai processi produttivi meticolosi ed elaborati, frutto di un mash-up tra tradizione ed innovazione, uniti all'utilizzo di pellami e materiali pregiati a km 0 (tutti i fornitori si trovano in un raggio molto ravvicinato rispetto al calzaturificio), l'azienda è in grado di produrre e mettere sul mercato prodotti che sono belli da vedere e comodi da portare, poiché tengono conto delle esigenze delle donne contemporanee."Lavoro per offrire alle clienti collezioni impeccabili ed elegantemente funzionali." - spiega Massimo - "Voglio realizzare il sogno di ogni donna contemporanea che desidera poter calzare modelli tacco 8 o vertiginosi 15 centimetri con la stessa disinvoltura, come una diva sul red carpet, e in ogni momento della giornata".Inoltre Violavinca, per quanto riguarda i prezzi, si inserisce in una fascia intermedia del mercato, che in Italia manca: scarpe di lusso sì, ma prezzi non troppo vertiginosi. Questo aspetto è stato parte del successo che Violavinca ha incontrato all'estero, dove viene esportato il 97% del prodotto e dove vengono realizzate collezioni su misura in base alle esigenze dei diversi paesi (ad es. modelli più preziosi e lussuosi per gli acquirenti russi; tacchi più bassi e piante più larghe per gli acquirenti cinesi).
Durante la mia visita ho letteralmente stalkerato Antonio, uno degli operai storici del calzaturificio e uno dei primi a dare fiducia a Massimo. Con pazienza, semplicità ed incredibile manualità, Antonio mi ha mostrato tutto il processo produttivo di una calzatura, partendo dai materiali grezzi fino ad arrivare al confezionamento della scarpa dentro la propria scatola. Sono rimasta impressionata dalle innumerevoli fasi implicate nel processo produttivo ed è stato interessante scoprire che quella scarpa che indossiamo e pensiamo (sbagliando) sia composta da una punta, una parte centrale e un tacco, è in realtà formata da oltre 100 componenti!Al termine del tour (come se non fossi già abbastanza grata per tutto) Massimo ci ha omaggiate con un paio di scarpe a nostra scelta della collezione P/E 2013. La mia scelta è ricaduta su un sandalo intrecciato in razza verde con tacco a spillo (quello che vedete a inizio post). L'ho indossato una sera intera (il giorno del mio compleanno!) e vi assicuro che una scarpa tanto comoda, benché dotata di tacco killer, non l'avevo mai indossata prima d'ora!
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