Il grande ritorno.
Questo weekend sono tornata indietro a quando avevo dodici anni e nessuna alternativa agli occhiali, e suonare era una delle mie cose preferite, suonare in orchestra l'unico sport di squadra che mi sia mai riuscito e che mi sia mai piaciuto. Le due ore di prove del venerdì pomeriggio erano di gran lunga il momento migliore della mia settimana da preadolescente catapultata in un brodo multiculturale con tutte le sue sfide.Ho rivisto quelli che avevano dodici anni con me, alcuni sono uguali identici, altri aspettano figli o ne hanno avuti, altri cercano ancora la strada vagando per l'Europa, altri ancora hanno ricevuto qualche mazzata dalla vita.
Abbiamo suonato Dvorak e Schubert in un fienile in mezzo alla campagna francese, e suona molto pretenzioso ma alla fine non lo è. Mi sono chiesta come abbia potuto fare a meno di quel piacere intenso per tanti anni, com'è che ci fossero state così tante altre priorità rispetto al colmare quel vuoto che mi si era aperto quando avevo smesso.
Forse c'è che adesso sembra semplice perché non ho più quattordici anni e non mi devo più integrare con la gioventù locale del varesotto. E ho potuto usare tutto il tempo e la fiducia dei miei anni per riscattare appieno quella me quattordicenne seduta sugli scatoloni del trasloco.
Perché ciò che amiamo veramente nella vita fa parte di noi e torna sempre. Ora lo so.