Vìscere
Dal latino viscus viscĕris, usato per lo più al plurale, viscĕra -um.] (pl. i vìsceri m., o le vìscere f.). –
Sostantivo maschile [plurale i visceri (maschile) o le viscere (femminile)].
1. Nome generico, sia nell’uso corrente sia anche nel linguaggio scientifico, di ciascuno degli organi interni, racchiusi nella cavità toracica e addominale, dell’uomo e di vari animali: spostamento, fuoriuscita di un viscere; intervenire chirurgicamente su un viscere.
(plurale femminile) Nell’uso comune, intestino, ventre, interiora: avere dei dolori alle viscere; togliere le viscere a un animale (a un agnello, a un pesce ecc.); l’ha uccisa in modo atroce, con varie coltellate alle viscere.
(plurale maschile) Nell’uso scientifico e tecnico, o comunque più elevato: ispezionare i visceri di un traumatizzato; esame dei viscer degli animali sacrificati, nell’arte e tecnica divinatoria antica; togliere i visceri a un animale per imbalsamarlo.
2. (plurale femminile, letterario) Il frutto delle viscere: il figlio, i figli, rispetto alla madre.
Anche come esclamazione, specialmente in passato: viscere mie!, figlio mio!, figli miei!.
(plurale femminile, estensione) La parte più interna, più riposta, per lo più di cavità aperta o praticata entro la terra: attraverso i vulcani fuoriescono ceneri e lapilli che vengono dalle viscere della terra; nelle viscere del monte fu trovato un giacimento d’oro.
(plurale femminile, figurato) Sensibilità affettiva.
Non avere viscere di figlio, di padre: essere privo di sentimenti filiali, paterni.
Avere nelle viscere: di tendenza, abitudine connaturata.
Fin nelle viscere: nel più vivo e profondo del proprio essere: sentiva fin nelle viscere lo strazio per la morte del figlio.
Nell’uso antico, come sinonimo di cuore, cioè sentimenti umani: egli, … uomo di buone viscere, diede la sua parola (Gozzi). In questa accezione anche nella forma del plurale maschile visceri: era quel conte Benedetto un veramente degn’uomo, ed ottimo di visceri (Alfieri).
Una (parola) giapponese a Roma
Toupie [tu’pi]
Voce francese, propriamente ‘trottola’, in questa accezione dall’anglo-normanno topet ‘parte, livello più alto’.
Sostantivo femminile invariabile.
(tecnica) Nell’industria del legno, macchina simile a una fresatrice verticale, impiegata per eseguire cornici, profili sagomati, incastri, scanalature e simili.
Àngora
Dal nome della città turca di Angora (Ankara).
Anche, raro, angòra.
Sostantivo femminile.
1. Nome di alcune razze di capre, conigli e gatti dal pelo lungo e soffice. Dal pelo della capra d’Angora e del coniglio d’Angora si ottiene un filato noto in commercio come lana d’angora, o semplicemente angora: un golfino d’angora.
Scrissimo tempo fa, sulla Parolata, che si dice àngora. Ci correggiamo ora, perché sembra che si possa dire anche angòra, anche se viene raramente accentato in questo modo.
Per un pugno di conchiglie
Trentaduesimo libro, quarto indizio
– Torniamo alla trama. E’ in corso una guerra?
– No.
– Ma c’è stata una guerra da poco?
– Sì.
– I protagonisti sono dei sopravvissuti, quindi?
– Sì.
– Ci sono dei morti?
– Sì.
– I due uomini hanno circa la medesima età?
– No.
– Sono parenti?
– Sì.
– Padre e figlio?
– Sì.
– Si spostano?
– Sì.
– Con un mezzo a motore?
– No.
– A piedi?
– Sì.