Da bambina ho assistito alla nascita di un agnello: ho provato una emozione fortissima che ha creato il ricordo nella mia mente, dice all’amica che raggiunge in chat e alla quale mostra il video; ricordo che fu strana quell’emozione, nuova; era un misto di pena e di gioia che mi è passata dagli occhi e che ha invaso tutto il mio corpo – per qualche attimo ho tremato, poi ho sorriso come chi fa una scoperta che in qualche modo aveva già previsto; una conferma del senso della vita, della sua fatica per affermarsi nonostante le difficoltà, ho visto la natura vittoriosa. Ho subito associato quell’immagine a mio padre, che faceva allora un lavoro faticoso, e ad altre persone in quel quartiere che si alzavano all’alba e quando io passavo per andare a scuola stavano già facendo la “pausa pranzo” seduti sui gradini delle case a mangiare pezzetti di pane e formaggio, olive, pomodoro e sale, tu non puoi ricordarti, tu vivevi in città allora e non vivevi come me in mezzo alla gente che faticava, certo hai ragione, dice l’amica ma dimentichi che io frequentavo i figli del portiere e che nella mia scuola ne ho conosciuto pure io di gente che viveva faticando, sì certo, ascolta, l’ho associato a mia madre che cantava sempre e teneva le maniche arrotolate al gomito fino a sera. Sapevo che io avrei bevuto il latte di quella pecora, che avrei condiviso con quell’animale anche le giornate di sole e i giochi all’aperto, la pioggia e perfino la compagnia di mio padre; ma sai che gli agnelli sono destinati al sacrificio? Non ti voglio descrivere un’immagine bucolica, non ridere, non ricordo cosa ne fu di quell’animale - certo i miei genitori si sono premurati di non farmelo sapere. Allo stesso modo ricordo un grappolo di uccellini con le zampette legate ancora sporche di vischio che pendevano dalla tasca di un contadino che stava tornando a casa, li teneva con noncuranza come fossero dei ciondoli; erano spelacchiati e sicuramente sarebbero stati la sua cena e quella dei suoi figli. Certo che non lo sai che si mangiavano gli uccelli con i fagioli, ma io mai, ed erano molti quelli che tenevano in gabbia gli uccelli per poterli guardare ed ascoltare; i cardellini e gli usignoli erano quelli più ricercati e forse non c’era casa dove non ce ne fosse uno, sì, proprio come i cani che allora o stavano nelle stalle o nei cortili, ma raramente nelle case e che venivano usati per la guardia di altri animali o per la caccia. Insomma, Pina, l’idillio fra animale e essere umano c’era, ma era un idillio sempre disequilibrato, sempre a favore dell’uomo e mai dell’animale. Ma hai visto cosa fanno a quei pulcini? Ho sempre pensato che quando l’uomo avrebbe avuto modo di migliorare le sue condizione avrebbe voluto pure migliori condizioni di vita per gli animali. Proprio non ci posso credere che facciamo queste cose, ci teniamo a casa i cani e i gatti, vedi quanti cani ci sono al guinzaglio, che certe volte dico: ma perché? e forse lo so perché e poi trattiamo gli animali come arance o pomodori marci - li schiacciano e fanno pure il sugo che vendono al supermercato; io mai ne compro faccio ancora le conserve di pomodoro buono, ti parlo dei pulcini… ma la forza ce l’hai? Ti fai aiutare, diciamo che l’aiuti tu, eheh, ridi, e che dobbiamo fare? Tu ridi davanti al corpo scheletrico di un prigioniero di Auschwitz? che c’entra? Perché se la perdi del tutto la pietà, se non te ne resta più niente, che poi quando ti serve per gli esseri umani l’hai sciupata tutta quanta, mi dici cosa vai cercando dopo? Parlano di “diritti” di “valori”, ma io dico che sono parole vuote. Queste cose non sono cose buone.
Rosa La Camera