Su
T-Mag da alcuni giorni ci stiamo occupando dei quotidiani online di maggiore successo. Io ho avuto l’opportunità di scambiare qualche battuta con
Luca Sofri (
il Post) e con
Paolo Madron (
Lettera43), Francesco Nardi con Jacopo Tondelli (
Linkiesta). L’idea che ci siamo fatti è questa: il mercato dell’editoria online è ostico e pigro. In Italia più che altrove. Ma è vivo. Questo non significa necessariamente che internet ‘salverà’ il giornalismo (inteso come professione). Contribuirà senz’altro ad una maggiore qualità dell’informazione e della fruizione di notizie, posto che presto o tardi gran parte dell’attività giornalistica si sposterà maggiormente online (soprattutto tramite i servizi on demand previsti per il mobile). Però, andiamoci piano ad inseguire chimere. In America persino l’
Huffington Post è alle prese con i
tagli all’organico, giornalisti e blogger compresi. E stupisce come una donna tutta d’un pezzo, quale è Arianna Huffington, abbia giustificato tale scelta con parole degne del più piccolo editore online italiano:
Il pagamento per i blogger è la visibilità. Coraggio, scioperate, nessuno se ne accorgerà. Scrivere per il Post equivale ad andare in tv in un talk show di grande popolarità. Vuol dire visibilità massima. E se qualcuno decide di andarsene, sono in tanti pronti ad occupare quegli spazi.
Tutto vero, per carità. Ma un discorso simile, spesso propinato anche agli aspiranti giornalisti, può andare bene ad un giovanissimo alle prime armi (e neanche troppo). Non si mangia con la visibilità. Proprio oggi mi è capitato sottomano l’annuncio di un imprecisato giornale online che “seleziona per collaborazione gratuita”. Il modo migliore per sfornare prodotti di scarsa qualità.
Potrebbero interessarti anche :