Kick-Ass 2 **
Kick-Ass 2 (2013) è il sequel che non piace. Tanto era fracassone, “fumettone”, nerd, anticonvenzionale e ironicamente scurrile il primo episodio, quanto il secondo capitolo tende a normalizzare la figura dell’eroe metropolitano e fai-da-te. Difatti in questa pellicola troviamo la league dei supereroi maldestri, Kick-ass in versione palestrato e preparato fisicamente e il villain che per vendicarsi si rifà nei confronti dei cari del protagonista. È questa la tanto temuta “normalizzazione” del sequel, che è tratto (o travisato?) dal fumetto della Marv e che, casualmente, trova il suo declino nel momento in cui dietro la macchina da presa si siede Wadlow e non Vaughn. Un cambio alla regia che non aiuta e che spinge meno sulla violenza e più sulla volgarità gratuita. Infatti Kick-Ass (2010) metteva in mostra una scurrilità forte (e spesso anche molto criticata), ma quest’ultima sosteneva magistralmente la maldestra ironia degli scagnozzi di D’Amico e quell’alone pulp-splatter, che appassionava e convinceva. Diversamente in Kick-Ass 2 non c’è nulla di tutto questo. Anzi la comicità scompare quasi integralmente e la scelta di destinare questa peculiarità al personaggio del Colonnello Stars & Stripes (interpretato da Carrey) non appare azzeccata. Infatti il Colonnello Stars & Stripes sciorina moralismo e giustizia sommaria, elementi che cozzano e non riescono a convivere in un unico carattere. Ma l’abbozzo psicologico non contraddistingue esclusivamente i personaggi di contorno (accennati e mai veramente convincenti); anche l’evoluzione caratteriale (e ormonale) dei protagonisti è mal costruita. Dave (alias Kick-ass), in quanto esempio per la cittadinanza, deve necessariamente fare i conti con l’emulazione e l’attivismo, mentre Mindy (alias Hit Girl) deve affrontare l’infanzia e il pressante arrivo dell’adolescenza. Tuttavia i due protagonisti non sono i caratteri più abbozzati: Chris D’Amico (alias Motherfucker, per intenderci il villain) risulta pateticamente volgare e goffamente vendicativo, il delinquente pieno di soldi, ma privo di idee. In conclusione si può affermare che Kick –Ass 2 è una pellicola che non convince e mette in mostra una violenza commerciale e studiata a tavolino, una mancanza di catarsi e originalità narrativa, che tende a ricalcare (o emulare) qualche suo più famoso predecessore. Uscita al cinema: 15 agosto 2013
Monsters University ****
Un sequel/prequel che, non solo piace e convince, ma anzi raggiunge livelli di piacevolezza e divertimento (quasi) al pari del primo episodio. Difatti in Monsters University (2013) ritroviamo Sully e Mike qualche anno prima degli eventi di Monsters & Co. (Monsters, Inc., 2001) e veniamo catapultati di nuovo nel mostruoso micro mondo, in cui c’è ancora la convinzione che le urla siano la primaria fonte di energia. Difatti i due protagonisti sono alle prese con l’aspirazione di divenire “spaventatori” professionisti. Non si è di fronte a una costruzione narrativa originale ed, essendo a conoscenza degli eventi successivi, si può facilmente immaginare come andrà a finire. Tuttavia Monsters University diverte in modo assoluto e la dimensione universitaria aiuta tantissimo. Feste, nerd, confraternite e Spaventiadi sono gli elementi che conferiscono a questa pellicola goliardia, avventura, fiumi di umorismo e una goccia di retorica. Difatti, rispetto al primo episodio, il registro cambia radicalmente; si passa dal filosofico e tenero scontro con il mondo degli umani al godereccio e colorato mondo, con piccate punte di fantasy, del college. Dall’animazione fantasiosa e accurata, Monsters University appassiona in modo assoluto e, grazie anche all’inserimento di alcuni personaggi di contorno (delle notevoli new entries), raggiunge alti livelli di leggerezza e di comicità. La Pixar, pur non partorendo un’idea nuova e originale, si rifà al passato e riesce nell’impresa di rimodellare personaggi e caratteri, attualizzandoli e ricalcando pellicole universitarie di finzione cinematografica. Animal House (National Lampoon’s Animal House, 1978) docet. Uscita al cinema: 21 agosto 2013
Turbo **
La Dreamworks insegue e ricopia. È questa l’impressione osservando una pellicola come Turbo (2013), che conferma il complesso d’inferiorità di cui soffre la casa di produzione statunitense. Difatti vedendo Turbo non si può non notare qualche assonanza con alcuni famosi prodotti targati Pixar. Il bambino sadico (che verrà punito) e la sosta forzata di fronte al ristorante sono elementi che ricordano Toy Story (1995), mentre la vicenda (nella quale la lumaca non vuole essere come le altre, insegue un sogno irraggiungibile e viene aiutata da un giovane sognatore) rimanda a Ratatouille (2007). Il tutto è inserito in un contesto automobilistico che “cita” Cars (2006). Dopotutto a Turbo manca originalità e inventiva, ritmo e caratteri veramente convincenti. Non basta qualche trovata umoristica per combattere con lo strapotere Pixar-Disney. Soprattutto se a un’animazione accurata non si aggiunge una narrazione fluida e appassionante. Turbo è un prodotto banale e scontato, che pigiando sul piano della moralità, della casualità, della narrazione semplice e infantile, non riesce a soddisfare le esigenze di un pubblico adulto. Difatti il film diretto da David Soren non va oltre l’immaginario canonico e privo di stupore, che tende a rappresentare la società umana in modo banale, dimenticando che i film d’animazione, oltre a intrattenere, dovrebbero far passare in maniera sottile valori complessi. Turbo è un atto di pigrizia; un intrattenimento noioso e poco impegnato. Intanto la Pixar sorpassa e saluta. Uscita al cinema: 19 agosto 2013