Guardo le forme del mio viso, le mie orecchie, la barba che cresce con lunghezza irregolare e che non taglio con un rasoio da quasi, se non vado errando, due anni, gli occhi, che rossi e sognanti, ispezionano questo volto portato mestamente in giro per oltre ventiquattro anni. Poi, come se avessi ricevuto uno schiaffo in pieno volto, ecco che ritorno nel bagno di casa: mi volto a destra, e la doccia, come al solito popolata da entità divine, è al suo posto; torco il collo verso sinistra, e il water, magistralmente realizzato dai mai tanto incensati Pozzi Ginori, sta fermo dove deve stare.
Allora riprendo a guardare lo specchio, questa volta con un briciolo di lucidità in più, e noto nel mio volto una spaventosa somiglianza con Carmelo Bene. È solo dopo aver preso coscienza di ciò posso andare a letto tranquillo e beato.
Il giorno dopo lo specchio riprende a mostrare ai miei occhi la solita faccia da ebete che sconsolatamente dovrò portarmi dietro, almeno finché un po' di terra umida non si poserà su di essa, spero tra tanti e tanti anni.