Anno: 2014
Durata: 85′
Genere: Documentario
Nazionalità: Italia
Regia: Francesco Del Grosso
Un’atmosfera molto intensa si percepiva venerdì 3 ottobre al Nuovo Cinema Aquila: alla presenza non soltanto del regista Francesco Del Grosso, della produttrice Giulia Piccione e di parte del cast tecnico, ma anche dei famigliari più stretti dello stesso Davide Cervia, è stato presentato il documentario Fuoco amico. Come recita il sottotitolo del film, La storia di Davide Cervia, ci troviamo di fronte a una vicenda particolarmente drammatica che ha stravolto la vita sia del protagonista, rapito in circostanze torbide che hanno poi ispirato diversi depistaggi, sia delle persone a lui più vicine. Attorno a Marisa Gentile ed Erika Cervia, rispettivamente moglie e figlia dell’ex militare scomparso, si è costituito un Comitato per la verità su Davide Cervia, il cui motto definisce bene il senso profondo dell’inchiesta: “Non permettere che il silenzio cali sulla scomparsa di un uomo”. Anche per questo la presenza di entrambe a Visioni Fuori Raccordo, uno dei festival che hanno maggiormente voluto il film, ha assicurato alla proiezione e al successivo dibattito quella forte presa emotiva di cui il pubblico è stato partecipe.
Oltre a essere un cittadino perfettamente integrato, con intorno a sé una bellissima famiglia, Davide Cervia aveva da poco abbandonato una promettente carriera nella Marina Militare, che lo aveva portato ad acquisire un ruolo altamente qualificato nella guerra elettronica. Un qualcosa che ci coinvolge tutti, considerando la minaccia rappresentata oggi dai progressi tecnologici degli armamenti e come l’Italia abbia aspirato da subito a una posizione d’eccellenza, in questo nefasto business. Proprio partendo da tali premesse e in base alle qualifiche ottenute da Davide nella sua precedente attività, sono maturate le condizioni che hanno portato a un intrigo internazionale quanto mai squallido, cinico, spietato, rispetto al quale il suo rapimento (e quello di altri tecnici le cui famiglie, sfinite da ripetute minacce e da altri metodi terroristici, hanno preferito chiudersi nel silenzio) ha rappresentato una svolta traumatica. Anche la famiglia di Davide ha subito pesanti intimidazioni, ricevendo di continuo telefonate mute, lettere anonime, intrusioni sospette, violenze psicologiche d’ogni tipo portate avanti da ignoti (di cui si può anche supporre l’identità) come dagli stessi rappresentanti istituzionali, ma con coraggio ha preferito andare avanti per far luce su quel terribile episodio datato ormai 12 settembre 1990.
Intorno a una storia così emblematica, nei suoi sviluppi drammatici e kafkiani, Francesco Del Grosso ha saputo costruire un andamento da “spy story”, per quanto sofferto; e così tanto i rari filmati di repertorio che le numerose interviste assumono carattere rivelatore, portando lo spettatore a riflettere su quanto il potere, anche in paesi che si definiscono democratici, possa spingersi in là, per coprire le proprie malefatte; e su cosa possano fare persone non arrendevoli, desiderose di lottare (come la famiglia di Davide, ovvio, ma anche come quei giornalisti indipendenti, consulenti legali e altri ancora che hanno dato vita al Comitato), per contrastare l’influsso negativo di quella zona grigia da cui scaturiscono prevaricazioni, segreti di stato, persecuzioni di singoli individui, macchinazioni dettate da vili ragioni economiche. La tensione di cui si nutre il documentario è alimentata anche dalle musiche di Raffaele Inno, dal calibrato montaggio di Francesca Sofia Allegra e da una determinata impronta registica, orientata verso una dimensione estremamente realistica e mai artificiosa.
L’immagine sfumata della cartolina distribuita all’uscita del cinema, raffigurante Davide con la silhouette di una macchina (l’automobile presa quasi a simbolo, in quanto elemento centrale della dinamica del rapimento, come anche dei tentativi di depistaggio) che gli si staglia accanto, pare la sintesi perfetta di questa ricerca documentaria e delle sensazioni che può suggerire; con quella sua grana nebulosa e incerta, al pari di un ricordo che malinconicamente sbiadisce, ma che è ancora lì, vivo, per chi realmente lo vuole rincorrere.
Stefano Coccia e Lucilla Colonna
Scritto da admin il ott 8 2014. Registrato sotto FESTIVAL, RECENSIONI FILM VISTI AI FESTIVAL, TAXI DRIVERS CONSIGLIA. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione “”