29 ottobre 2012 Lascia un commento
Il regista e’ italiano ma i bovini, pardon gli attori, sono stranieri e saro’ esterofilo ma una pessima recitazione in altre lingue, suona meglio e non so perche’.
Sarei tentato di essere cattivo ma non mi sento di farlo, non troppo dal momento in cui quando esce qualcosa che non e’ stato vomitato dal cassonetto dell’umido del cinema nostrano, quello dei festival, del "volemese bene", degli amici, dei Leoni alla carriera, gia’ l’opera e’ pregevole e meritoria.
Storia di serial killer, "Seven" o "Saw" per intenderci, giornaliste, smemorati e dottori. Ingredienti usati e strausati, ogni elemento deriva da qualcos’altro e se gli interpreti lasciano allibiti la regia non brilla ma neppure sprofonda, per quanto non riesca a pensare a quanta strada serve al regista per uscire dagli infiniti cliché che si porta dietro.
Ecco, se dovessi fare paragoni, direi che stiamo tra Alex Infascelli, il primissimo Argento – ed e’ un complimentone – e un regista tedesco di un Derrick qualunque. Che mi si creda o no, dopo pochi minuti il finale e’ gia’ chiaro ma nessun errore del testo, solo un po’ d’intuizione da eccesso di film e di eta’, conclusione comunque che ci sta e ci prova, forse ci riesce. E non aggiungo altro.
Prodotto che non eccelle e non fa gridare al miracolo, forse non dozzinale, target pomeriggio televisivo purtroppo eppure mi sento di sostenerlo, sulla fiducia, per il tentativo, per l’eta’ di Cecinelli, per la voglia d’illudersi che v’e’ speranza per il nostro cinema.