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La miniera di Abbadia San Salvatore si trova appena fuori del paese, lungo la strada per la montagna.
La miniera, durante la sua attività dal 1847 al 1982, che operativamente però andrà effettivamente dal 1897 al 1976, ha prodotto circa il 70% del mercurio estratto in tutta l'area amiatina.
Qui, oggi, abbiamo fatto un viaggio nella storia affascinante del mercurio e del suo minerale, il cinabro, ma soprattutto, lo abbiamo potuto fare attraverso le vicende di popolazioni che di questo minerale hanno vissuto.
Popolazioni che dalla distillazione di questo metallo hanno ricavato prosperità, sviluppo, ma anche drammi, sofferenze, sacrifici.
La visita al museo si divide in due momenti.
Una guida accompagna piccoli gruppi di 12 persone all'interno delle gallerie.
Utilizzando una parte della galleria VII, messa in sicurezza, sono stati ricostruiti gli ambienti e le principali attività che venivano eseguite in galleria.
La galleria viene visitata stando seduti su di un trenino a batteria, lo stesso che veniva usato durante il funzionamento della miniera, per il trasporto del materiale. Il trenino è guidato dal nostro accompagnatore, che fa sosta nelle varie installazioni, riuscendo a farci entrare nell'ambiente sotterraneo anche emotivamente.
Nelle gallerie c'è il buio assoluto. Le umiche luci sono quelle del trenino e della guida.
Dopo la visita alle gallerie, visitiamo le sale del museo. Nella visita al museo ci accompagna un'altra persona. Si tratta di un ex-minatore. Il suo nome è Paolo Contorni, personaggio di cui si trovano molte tracce nel web.
E' lui che ci farà vivere la parte più importante di questa visita-viaggio, e lo farà portandoci dentro alle vicende di persone che nella miniera hanno consumato la loro salute, la loro gioventù, la loro vita,
Ci conduce attraverso le sale, facendoci seguire il filo del racconto della sua esperienza diretta, che si fa testimonianza in ogni suo aspetto.
Il suo racconto diviene così partecipato e commovente, che i presenti restano attoniti nell'ascoltare le sue parole, ed il tono con cui le pronuncia. Soprattutto quando accenna alla sua permanenza in galleria per 24 giorni consecutivi, isolato da una frana, in attesa di soccorsi.
Una signora, tra i presenti, si commuove. Piange. La sua storia ha elementi in comune con il racconto di Contorni, suo marito ha fatto il minatore in Belgio.
Il vecchio minatore si scusa, e lo fa più volte. Ha cura e premura di non impressionare chi ascolta. Ma io, come altri, lo invitiamo a dire cosa ha da dire. D'altronde, sottolineo, è bene che chi visita questo posto sia ben cosciente che non si tratta di una luna park, ma la storia di uomini.
Il giovane che ci guida in miniera ci dice, rispondendo ad una domanda, che l a miniera fu chiusa perché nel resto del mondo, e soprattutto in Cina, negli anni '70 furono aperte miniere più produttive e con minori costi.
Guardando le statistiche sui pannelli della mostra presente nel museo questo non appare così evidente.
La verità sembra emergere dal racconto di Contorni.
Quella tecnologia, a cui spesso Contorni fa riferimento, che negli anni ha migliorato il lavoro degli uomini in miniera, e ne ha aumentato la produttività, nel suo evolversi generale, ha fatto si che il Mercurio venisse man mano sostituito o superato nei suoi usi.
Negli oggetti in mostra nel museo, come nel racconto di Contorni, emergono evidenti i caratteri specifici, di unicità e di eccezionalità che hanno caratterizzato la storia delle miniere dell'Amiata. Come, per molti tratti emergono caratteri in comune con le altre realtà italiane e straniere, dove l'attività mineraria si rivela fondamentale nell'ambito del fenomeno della civilizzazione industriale che è parte fondamentale della storia dell'Europa e del mondo intero.
Dalla miniera uscivano i vagoni contrassegnati da apposite medagliette. Essi contenevano o terre sterili o terre mineralizzate. Quelli con gli sterili erano inviati ai silos. Da qui le terre venivano trasportate con i camion alle discariche.
Il minerale invece, seguendo altri binari, iniziava il suo percorso verso i forni.
I vagoni venivano ribaltati con un rovesciatore su un vaglio. Il minerale fino passava subito su un nastro trasportatore, mentre quello grosso, arrivava ad un frantoio dove veniva ridotto in pezzi per ottenere la pezzatura idonea.
Il nastro trasportatore, alla base dell'impianto di frantumazione, alimentava gli asciugatoi che essiccavano il minerale.
Tutta l'operazione era meccanizzata, perciò erano sufficienti per la sorveglianza di tutto l'impianto tre operai, uno al vaglio e due agli asciugatoi.
Da qui il minerale, tramite nastri, raggiungeva i silos di alimentazione, infine veniva distribuito nei forni da un "capestano".
Dalla base dei silos gli alimentatori caricavano il minerale nel forno di cottura.
Tutta l'operazione fino all'espulsione del "rosticcio" veniva controllata dal conduttore del forno attraverso la plancia di comando.
In caso di bisogno interveniva direttamente, manovrando sui pulsanti automatici per ripristinare le condizioni ottimali.
Mentre l'operazione di cottura veniva sorvegliata dal conduttore, l'assetto tecnico dell'impianto era tenuto sotto controllo da operai manutentori sia meccanici che elettricisti.
Affiancava il conduttore un altro tipo di personale, il "fornaio".
Due di loro erano addetti agli estrattori. Avevano il compito di prelevare il mercurio depurato per poi convogliarlo all'imbombolamento dove si concretizzava il lavoro di tutto il complesso minerario.
Con semplici gesti un operaio riempiva l'ampolla tarata e da questa, raggiunto il livello desiderato, riempiva una dopo l'altra, le bombole pronte per essere messe in commercio.
Caricate sui camion venivano trasportate alla stazione ferroviaria di Monte Amiata, sulla vecchia ferrovia Siena-Grosseto, o ai depositi di Livorno.
La Società Monte Amiata faceva scortare gli automezzi da una guardia giurata fino alla consegna al magazzino.
Con l'automazione degli anni '60 l'organico dei forni era di 15 addetti per turno.
Ma la visita al Museo Minerario non era l'unico motivo che mi ha portato, oggi, qui ad Abbadia San salvatore.
Durante una delle mie tante visite e viaggi fatti qui sull'Amiata, nel giugno scorso avevo avuto l'occasione di conoscere la storia della Società Macchia Faggeta, scoprendo che avevano indetto un concorso fotografico, avente per tema la pietra del centro storico.
Quel giorno scattai alcune foto, ed ho partecipato a quel concorso.
Nei giorni scorsi ho ricevuto l'invito a presenziare alla premiazione. La cerimonia si svolge nella sala conferenza della sede della Società, della cui storia racconterò in uno dei prossimi post.
Arriviamo mentre la Corale di Abbadia canta.
Iniziano la premiazione dando un riconoscimento a tutti i partecipanti presenti.
Non vengo chiamato, e lo faccio notare ad Agnese, come dire che forse c'era stato un errore.
Poi chiamano i premiati, partendo dal terzo classificato, ed allora comincio a realizzare qualcosa.
Il secondo premio lo assegnano ex-equo ad un ragazzo, e a me!
Che bello!
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