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Visti di Traverso: l’Acciuga espiatoria

Creato il 17 marzo 2011 da Gianclint
Visti di Traverso: l’Acciuga espiatoria

Mister Allegri, da genio a capro espiatorio

Massimiliano Allegri, ex tecnico di Aglianese, Sassuolo e Cagliari, probabilmente non è un fenomeno della panchina. Sicuramente non lo è ancora. “Acciuga”, alla sua prima esperienza alla guida di un grande club, ha portato tutta una serie di novità in casa rossonera, valorizzando finalmente i giovani e relegando in panchina alcuni mammasantissima che nemmeno il tanto (dai media) lodato Leonardo aveva osato fare. Ha anche commesso errori, questo è evidente. Soprattutto ha palesato un certo timore, una malcelata paura ad osare. Timidezza che il mister ha espresso anche quando da perdere c’era ben poco, anche quando – come a Londra – tra essere sconfitti 5-0 e chiudere la partita a reti bianche correva ben poca differenza, a livello di sostanza.

Non è perfetto Allegri. E forse non è nemmeno l’allenatore che la maggior parte dei tifosi rossoneri avrebbe sognato per il dopo Leonardo. Il popolo rossonero avrebbe probabimente preferito veder affidata la squadra a un tecnico di esperienza internazionale, a un “top mondo”, per usare un’espressione di gallianesca memoria. Invece hanno scelto Acciuga, questo abbiamo e questo ci dobbiamo tenere, fin che qualcuno non cambierà idea. Può far storcere il naso Allegri, quindi. Ed è comprensibile. Ma che diventi il capro espiatorio di tutti gli errori e le pecche di questo Milan mi pare tanto irrazionale quanto ingiusto.

Innanzi tutto perché i risultati, seppur non esaltanti, sono in linea con quanto programmato a inizio stagione. Che in Champions non si potesse andare tanto oltre era chiaro a tutti. Certo, il turno degli ottavi si sarebbe potuto anche superare, ma pare evidente che l’obiettivo principale fissato a inizio stagione fosse il Campionato. E ad oggi il Milan viaggia con cinque punti di vantaggio sulla seconda. Già la seconda. Ecco il problema. Il problema è che dietro c’è l’Inter, quella del triplete, quella che in panchina ha fatto accomodare quello che i tifosi reputano la madre di tutti i traditori, quel Leonardo al quale lo scorso anno era stato affidato il compito di raccogliere l’eredità di Ancelotti e di rimettere in carreggiata un Milan che in un colpo solo aveva perso tecnico, capitano e giocatore più rappresentativo.

Quel Leonardo che sulla nostra panchina ha retto quanto un foglio di carta velina in un camino acceso e che dopo 13 anni di militanza rossonera non ci ha pensato due volte a cedere alle avances di Moratti. E che le sta vincendo tutte, o quasi. Fa paura l’Inter perché, diciamolo pure senza vergognarci, è più forte. E  ammettere questo particolare ci da molto, molto fastidio. E se l’Inter, oggi come oggi, è più forte, non è certamente per merito di Leonardo o per demerito del nostro tecnico. Oggi come oggi l’Inter è più forte perché è una squadra costruita a partire dal 2006, pezzo dopo pezzo, una rosa tutto sommato vecchia – non vecchissima però – che ha maturato negli anni carattere, sicurezza e temperamento, unità. Una squadra che per certe caratteristiche ricorda molto quella che vinse la Champions nel 2007. Un grande campione, giocatori di esperienza, cattiveria, carattere. Sicurezza.

Il Milan, invece, è un cantiere. Ci sono alcuni campioni, Ibra su tutti, ci sono giovani di prospettiva, ci sono giocatori ancora da plasmare tatticamente. Il tutto gravato dalla ancora ingombrante presenza dei senatori, ormai molto avanti con gli anni, che nonostante tutto rivendicano ancora il loro spazio e vorrebbero ancora poter dire la loro. Tanto per scadere nell’impopolarità cito il caso di Inzaghi, anni 37, che non perde occasione per lanciare proclami riguardo alla sua conferma per il prossimo anno. Inzaghi, per quel che è stato e per quello che rappresenta, non si discute, intendiamoci. Ma iniziare la prossima Champion con il peso di un giocatore di 38 anni (tanti ne compirà ad Agosto) che dice a chiare lettere di voler giocare il maggior numero di partite in Europa del prossimo anno è più un handicap che uno stimolo. Per non parlare delle pretese, e delle lamentele, dei vari Seedorf, Gattuso e compagnia bella. Un cantiere, dicevamo. Iniziato però ad allestire soltanto pochi mesi fa, sulle rovine di un palazzo aulico, sfarzoso, ma lasciato colpevolmente per anni in balia del degrado.

Già, perché se proprio volessimo prendercela con qualcuno, se proprio volessimo individuare un colpevole per il gap con l’Inter allora non dovremmo guardare a Milanello, ma alla sede di via Turati. Dovremmo prendercela con una società che come minimo ha perso 3 anni (dal 2007 al 2010). E che ha iniziato a rinverdire la rosa soltanto quest’anno, dopo un mercato 2009 disastroso. Poco importa se alla base degli errori ci sia stato un temporaneo disamoramento presidenziale, dabbenaggine dirigenziale o errori di valutazione dei consulenti o degli osservatori. I fatti sono questi: soltanto da quest’anno si è deciso di imprimere una svolta, di cambiare pagina, di montare le impalcature per rinsaldare e riverniciare quel palazzo che stava cadendo a pezzi.

Sarà stata una buona scelta quella di mettere Allegri a dirigere i lavori? Ce lo dirà la storia. E siccome la storia si fa a posteriori oggi possiamo soltanto fare cronaca: nonostante tutto, abbiamo 5 punti di vantaggio. E quei 5 punti dobbiamo difendere con le unghie e con i denti, a cominciare dalla trasferta di Palermo. Siamo primi, non dimentichiamocelo. E cerchiamo, per quanto possibile, di evitare a tutti i costi di scadere nel disfattismo, nel pessimismo patologico. Prendersela con Allegri è facile, forse troppo. Facile ma altrettanto controproducente. Così come sarebbe controproducente creare un clima negativo intorno all’ambiente in un momento in cui comunque non si può cambiare nulla, almeno fino a giugno.

Questo è il momento per stare uniti e tifare Milan perché il momento è dei più difficili e decisivi: Palermo, Inter e Fiorentina decideranno la nostra stagione. Se di riffa o di raffa riusciremo a passare indenni questi marosi, allora ci si prospetta un maggio radioso.

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