Tu sei diapason vibrante
ed io la nota stonata.
Ricalchi certezze,
ma son’io l’impronta sporca
della tua carta a carbone
E la trama per sempre si è perduta.
Descrivi orbite circolari perfette,
laddove, del tuo compasso,
io sono l’inceppo,
perchè ho timore che si chiuda il cerchio:
amo l’incompiuto e l’incerto.
Tu la geometrica supponenza
che fonda il suo teorema,
quando io del mio sformarmi sono il precetto
essere in divenire.
Ricordo:
fui pietra e poi fiore,
una veloce gazzella e poi gabbiano in volo.
Ed ora questo mio esser uomo
per poi diventare altro ancora.
Si dilania la carne e provo dolore,
strappi che lasciano, nel tempo,
tumefatto lividore
E il mio terzo occhio
cerca un altrove di luce nuova.
Del mio canto libero sono la voce,
dei miei inediti gesti la limpida traccia,
dell’orbita del mio cammino,il passo
E del mio sformarmi , sostanza.
A te domando solo
il candore della poesia,
solco profondo delle mie speranze,
memoria dei miei dolori,
dell’ovvietà dei giorni, la meraviglia
E su tutto il sogno!