Questo post potrebbe avere come sottotitolo: del cultural clash tra tostoini e la vita d’ufficio.
Complice il fatto che tra portatili, smartphone, connessioni always on e via discorrendo negli ultimi anni gli strumenti di lavoro non hanno più necessariamente bisogno di essere raccolti sulla scrivania dell’ufficio di un’azienda, sono sempre più le persone – specie in alcuni ambiti di lavoro - che smettono di lavorare in ufficio e cominciano a lavorare da casa.
Perciò sono tante le persone che hanno già raccontato di come cambia la vita quando smetti di lavorare in un ufficio e comincia a lavorare da casa. Ma cosa succede quando fai il passo contrario? Quando passi dal lavoro dalla tua scrivania alle otto ore in un ufficio?
Il percorso che ho fatto io negli ultimi mesi è stato di questo tipo, e non ci si può girare intorno: è stato un passo complicato. Le abitudini e la gestione del tempo sono molto diverse. Ma visto che il tema di questo blog è soprattutto di riduzione dei rifiuti, non vi starò a raccontare le mie idee socioantropologiche sulla gestione del lavoro nel mondo contemporaneo. Perché c’è qualcos’altro che è molto diverso: la gestione degli sprechi. Non tanto quelli prodotti dall’azienda nel suo complesso (che sarebbe un discorso al di fuori delle mie capacità) ma di quelli prodotti dalla mia personale presenza giornaliera in ufficio.
Gli incriminati sono colazioni, merende, caffè, pranzi e pause pomeridiane.
Per il pranzo ho abbandonato il bento - tanto soddisfacente ma di difficile gestione coi miei orari attuali - per una più autoctona schiscetta, compresa di stilosa tovaglietta in cotone con tasce contenenti forchetta, coltello e cucchiaio, gentile omaggio mai troppo apprezzato di un collega. Per l’acqua ho conservato ancora una certa eleganza e uso la borraccia in alluminio ZH2O tornata con me dal weekend a Zurigo ed evito di usare ogni volta i bicchieri di plastica del dispenser. Il problema sono piuttosto gli agguati a tradimento della macchinetta delle merendine e dei caffè. Le merendine cerco di evitarle ed ovviare con qualcosa di più salubre portato da casa, visto anche che la rosa di candidate comprende prodotti su cui ho più d’una perplessità, ma non sempre – specie se sei un goloso ed io lo sono, anzi più che golosa ho qualcosa dell’idrovora – si riesce a resistere a quel desiderio di maialosità dolce o salata che ti assale a metà pomeriggio.
Ma i caffè? come si fa coi caffè? Perché il vero orologio delle ore d’ufficio sono loro, gli n+1 caffé prodotti dall’apposita macchinetta. Solo che col caffè scende anche un bicchierino di plastica e una palettina. Mettiamo che prenda solo il caffè alla mattina, dopopranzo e a metà pomeriggio (in genere però sono decisamente di più) sono già una sessantina di bicchieri e altrettante palettine. I bicchieri sono riciclabili, ma vanno comunque lavati prima di venire gettati nella plastica, con relativo utilizzo d’acqua.
Di qui il dubbio amletico: rinunciare al caffè e abbioccarsi serenamente con la faccia sulla tastiera o continuare a produrre bicchieri di plastica a un ritmo decisamente discutibile?
Io non ho ancora trovato una soluzione che mi soddisfi. Datemi una mano voi.
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