Per curiosità personale da diversi anni, oltre alla cronologia delle mie letture, tengo monitorato anche il tempo impiegato per ciascuna di esse.
Molte delle persone con cui ho a che fare, proprio non capiscono questa mia abitudine e in maniera molto superficiale subito immaginano un qualcosa sul genere del cronometrista sportivo pronto ad avviare il proprio strumento non appena lo starter spara il colpo di pistola.
Dando per buono un tale tipo di approccio ecco nascere tutta una serie di situazioni che fanno pensare a fissazioni che appaiono grottesche per non dire quasi patologiche.
Il problema va rispedito subito al mittente e la domanda che spesso viene fuori, quella del “perché lo fai?” è senza dubbio la più difficile alla quale rispondere.
Trattasi chiaramente un loro errore: un approccio sbagliato ad una cosa in realtà talmente semplice da essere in certi momenti quasi banale.
E’ la cultura del dato.
Un tipo di cultura che purtroppo (parere personale) non sono in molti ad avere e che, se coltivata bene, ha come risultato positivo il riuscire a spazzare via dal tavolo quelle sensazioni, magari anche in buona fede, non supportate dalla realtà.
Ha come effetto principale il fatto di non potere raccontare balle, in special modo a se stessi, vale a dire la non possibilità di crearsi degli alibi; questo in generale.
E qui il dibattito sul raccontarsi balle potrebbe prendere una deriva pericolosa, dunque torno subito al concreto non essendo questo l’argomento del post.
Nello specifico le mie misurazioni non hanno nulla di imposto né di troppo contorto; molto semplicemente si tratta di una sorta di deformazione professionale che sfocia in una passione per i numeri e le statistiche.
Lo strumento che mi consente di monitorare le mie numerose letture altro non è se non un’applicazione per iPhone chiamata Chronology della società Treeness (qui sotto uno screenshot).
E’ un multi-cronometro che mi permette di creare una voce per ogni libro che sto leggendo, voce che poi posso gestire in modo totalmente indipendente dalle altre.
Il metodo e l’approccio sono banali:
quando decido di ritagliarmi il tempo per leggere qualche pagina, mi basta selezionare il cronometro legato alla voce specifica ed avviarlo.
E’ importante ricordare che in statistica non sempre si rende necessaria la ricerca di una precisione troppo sofisticata; ogni analisi va intrapresa in considerazione del risultato che si vuole ottenere.
In questo caso lo scopo è avere un’idea abbastanza precisa del tempo di lettura di ciascun libro.
Partendo da questo presupposto è evidente che un’estrema precisione, oltre ad essere inutile, entrerebbe immediatamente in conflitto con l’idea di comodità nella misurazione.
Non serve essere troppo precisi e dunque l’immagine di quello che ogni volta che sposta gli occhi dal libro deve fermare il cronometro perché altrimenti il tempo non è reale, non solo è grottesca e fa sorridere, ma è proprio sbagliata.
Importante e fondamentale invece è l’uniformità del metodo: chissenefrega se il cronometro va avanti quando mi alzo per prendere un bicchiere d’acqua o se faccio un salto in bagno (le due cose sono evidentemente collegate).
Ciò che conta è che ogni volta io mi comporti allo stesso modo, che utilizzi un metodo standardizzato, con il cronometro intendo, mica in bagno…
Alla fine si ottengono dei dati, sottolineo dati reali e non sensazioni, che se analizzati nella maniera più opportuna forniranno spunti interessanti.
Cosa analizzare e in quale modo è un argomento molto interessante che merita senza dubbio un articolo proprio.