Vita da summer student / 3: Accampamenti e un altro Nobel

Da Stukhtra

di Silvia Fracchia

E’ domenica sera, qui al CERN. Una domenica sera che va a chiudere una settimana che resterà nella storia della fisica delle particelle. Il bosone di Higgs, le 5 sigma: lo sanno tutti, ormai, e perfino mia nonna, al telefono, si è congratulata per la bella notizia.

Quello che non tutti sanno, però, e che non è facile descrivere, è l’atmosfera che in questi giorni ha regnato qui, sopra il Large Hadron Collider, il potentissimo acceleratore di particelle che ha permesso di ottenere tutto ciò. E trovarsi al CERN proprio in questo preciso momento è un colpo di fortuna inimmaginabile, un’esperienza che non sarà possibile dimenticare negli anni a venire.

Accampamenti notturni fuori dal Main Auditorium.

Bando ai sentimentalismi e veniamo ai fatti. Perché il seminario dello scorso 4 luglio è stato un evento paragonabile al concerto di qualche rockstar. Persone letteralmente accampate fuori dal Main Auditorium, a partire dalla sera prima, con coperte e generi di conforto: tutto per accaparrarsi un posto nella grande sala dove Peter Higgs avrebbe visto l’avverarsi della sua profezia. Per poter dire “io c’ero”. Perché anche la fisica delle particelle può dare emozioni forti, mica solo i Rolling Stones.

La prima parte della coda per accaparrarsi un posto nella sala del seminario.

Io, lo ammetto, l’accampamento notturno me lo sono risparmiato (la fisica delle particelle per me non è ancora al livello degli Stones). Dopo un timido tentativo alle 8 del mattino, constatato che la coda era ormai già troppo lunga per poter anche solo sperare di riuscire a dare una sbirciata all’interno del Main Auditorium, mi sono rassegnata a seguire il collegamento in streaming dal Building 40 (ricordi il dizionario?), insieme a moltissimi altri ritardatari/dormiglioni come me. E grande è stata l’emozione, nonostante ciò, nel sentire lo scroscio degli applausi all’apparire delle paroline magiche: “5 sigma”. Applausi per le collaborazioni ATLAS e CMS e per tutte le innumerevoli persone che hanno lavorato, nel loro grande ma soprattutto nel loro piccolo, per ottenere questo fondamentale risultato.

Ma la settimana appena conclusa verrà anche ricordata, almeno da me, per un altro evento significativo che ha avuto luogo proprio il giorno prima del celebre seminario, ossia la piacevolissima conferenza tenuta dal premio Nobel Jack Steinberger sulla storia dei neutrini. Steinberger, che ha ricevuto il Nobel nel 1988 per la sua partecipazione all’esperimento che portò alla scoperta del neutrino muonico, ha ripercorso quasi un secolo di ricerca nel campo dei neutrini, a partire dalla scoperta dello spettro continuo del decadimento beta avvenuta nel 1914, passando per i vari esperimenti che hanno permesso di provarne l’esistenza nei vari sapori leptonici. Il tutto condito da nostalgici ricordi della sua lunga carriera da fisico e delle eccellenti persone che, come lui stesso ha detto, ha avuto la fortuna di conoscere (ha dichiarato di ammirare profondamente Pauli e van der Meer, ad esempio). Ma ciò che più ha colpito dell’illustre fisico, ancora più della lucidità e dell’ironia che ancora in veneranda età lo caratterizzano, è l’estrema umiltà con cui ha presentato l’inestimabile lavoro svolto negli anni, dando sempre il merito del successo ai suoi collaboratori prima che a sé stesso. Un esempio, insomma, di come genio scientifico e umanità possano andare di pari passo.

Jack Steinberger, premio Nobel nel 1988 insieme a Leon Lederman e Melvin Schwartz per l'esperimento che portò alla scoperta del neutrino muonico. (Cortesia: J. Steinberger)


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