“Com’è possibile che non lo avete? Questa è una libreria, no?”
A quanto pare mi viene spontaneo iniziare questi articoli con frasi che mi sono sentita rivolgere da qualche cliente. Chiariamo una cosa: il fatto che un libro interessa a voi non implica necessariamente che noi lo dobbiamo avere. Materialmente è impossibile avere tutto. Se appena ho iniziato a lavorare in libreria l’idea delle rese non mi entusiasmava, ora il mio punto di vista è cambiato. Quando non si sa come fare a mettere un libro sullo scaffale, e si sogna anche solo un centimetro di spazio, allora è evidente che qualsiasi cosa che ci consenta di avere quel centimetro che ci serve così tanto è benvenuta. Anni di questa attività possono essere molto persuasivi nel cambiare il nostro punto di vista.
Non possiamo avere tutto perché altrimenti non avremmo lo spazio dove mettere i libri. Siamo una libreria fisica, non una virtuale. Davvero pensate che Amazon, Ibs, InMondadori e tutti gli altri siti di vendita on line abbiano in magazzino tutti i libri che vendono? Ma neanche per sogno, loro hanno i bestsellers, quelli che sanno con certezza che venderanno, tutto il resto lo ordinano agli editori nel momento in cui viene richiesto da un cliente. Non per nulla i tempi di spedizione variano a seconda di quale articolo volete acquistare. Semplicemente hanno un’ottima rete di distribuzione.
A parte questo, qualsiasi cosa può finire. Anni fa io ho finito Il signore degli anelli quando le vendite sono improvvisamente aumentate più di quel che mi aspettavo. Entro pochi giorni lo avevo di nuovo, ma intanto a qualche cliente ho detto che non lo avevo e loro probabilmente sono andati a comprarlo altrove. Dubito che abbiano scelto di aspettare, il che significa che in quel caso ho perso delle vendite. La collega del reparto cucina ha finito Il cucchiaio d’argento sotto Natale. Se tutti aspettano di comprare il libro dopo il 20 dicembre, non è così strano che una giacenza che prima sembrava molto alta improvvisamente diventi insufficiente. Se invece le vendite fossero meglio distribuite nell’arco del mese faremmo in tempo a fare rifornimento prima di finire il libro.
Sapete una cosa? Non siamo indovini. Noi cerchiamo di prevedere quante copie venderà ciascun libro e facciamo gli ordini di conseguenza. Ci basiamo, nelle nostre ipotesi, sulle statistiche dello stesso periodo dell’anno prima e sulle movimentazioni dell’ultimo periodo. A volte entrano in gioco altre variabili, come il sapere che da un determinato romanzo è stato tratto un film (ma c’è comunque film e film) o il fatto che l’autore sia stato ospite di Fabio Fazio. Se sbagliamo e stiamo troppo stretti si dice che andiamo in rottura di stock, e perdiamo delle vendite, se sbagliamo dall’altro lato riempiamo il magazzino di merce inutile, rendiamo più difficile il lavoro dei magazzinieri (che magari per aprire bancali di rifornimento che non ci serve così tanto lasciano indietro altri bancali contenti libri che invece avremmo venduto, ma anche qui: come fanno a sapere quale scatola chiusa va aperta per prima?) e facciamo spendere soldi inutilmente al negozio.
Ecco, protremmo non avere il libro perché lo abbiamo finito e siamo in attesa di rifornimento, potremmo non averlo perché abbiamo deciso di non tenerlo, perché ci è sfuggito quando abbiamo letto il venduto e non lo abbiamo messo in ordine o perché è fuori catalogo.
Il catalogo. Cosa abbiamo in negozio, in quali quantità e perché? Tenete presente che non vi dirò mai una sola cifra precisa riferita a un singolo libro ma farò solo esempi generici. I dati di vendita non sono miei perché io li possa divulgare, quindi sono informazioni che non vi darò mai.
Cominciamo dai libri che arrivano in negozio. Dai grossi editori prendiamo quasi tutto. Quantità alte, si parla di diverse centinaia di copie, per i titoli di punta, per scendere fino ai titoli meno importanti in cinque copie, che per noi significa piletta da banco. Ignoriamo solo i titoli troppo tecnici o gli illustrati da 300 euro su argomenti decisamente di nicchia. In linea di massima prendiamo tutto anche dagli editori medio-piccoli, ma a volte il libro viene preso in una sola copia il che comporta automaticamente che quando arriva lo sistemiamo in parete. Per gli editori ancora più piccoli siamo molto selettivi, valutando anche quanto ci sembra importante per la nostra realtà. Noi siamo a Milano, un libro sulla toponomastica delle vie di Milano ha senso, uno sulla toponomastica delle vie di Trieste no.
Come facciamo a decidere come esporre i libri? Secondo alcune persone li mettiamo a caso, ho ricevuto commenti in proposito più volte il che è l’ennesima conferma del fatto che molte persone parlano senza prima aver collegato la bocca con il cervello. Se mettessimo i libri a caso, come faremmo a trovarli? I criteri ci sono, anche se per chi non lavora in una libreria possono non essere visibili a colpo d’occhio. Ma se un libro è stato sistemato da una collega mentre io non c’ero, e qualcuno me lo chiede, devo essere in grado di trovarlo. Ci sono convenzioni, suddivisioni in reparti, zone strutturate per argomenti, o per case editrici, o per autori, e sempre in ordine alfabetico. E la schermata del computer va interpretata perché gli scaffali non sono numerati ed è solo la logica, e a volte il fare due-tre tentativi, che ci dice dove stanno i libri.
Da noi la saggistica è divisa prima per argomento, poi per casa editrice, e poi per autore. La narrativa – al di là di quella per ragazzi in cui entra in gioco anche l’età dei lettori – è suddivisa per genere (narrativa, classici, classici latini e greci, fantasy, romanzi storici e così via) e per autore se parliamo delle pareti, ma sui tavoli c’è anche una suddivisione per editore. In qualche caso c’entra anche il distributore, ma la cosa è complessa perciò lasciamo stare, tanto ciascuna libreria ha i suoi criteri, validi tanto quanto i nostri e pieni di difetti tanto quanto i nostri. Non esiste il sistema perfetto, ci sarà sempre chi si troverà male, perciò alla fine noi facciamo la nostra scelta e andiamo avanti cercando di essere il più coerenti e chiari possibile.
Arriva una novità di genere thriller, genere scelto non a caso ma perché sono io a occuparmene e quindi ricordo meglio i titoli. Dove la metto? Ipotizziamo che sia davvero una novità, non l’edizione tascabile di un titolo già uscito in rilegato. Sul tavolo dei thriller, ovvio. E poi guardo quante copie ho, e anche quanto è spesso il libro. I nostri tavoli hanno due gradini abbastanza capienti, in cui si possono mettere delle pilette, e due più piccoli, il secondo davvero stretto, in cui si possono mettere solo poche copie. La verità sul caso Harry Quebert di Joel Dicker, uscito oltre un anno fa, sfiora le 800 pagine. Sul tavolo non riesco a mettere più di sei copie senza fare torri pericolanti come quella di Pisa e dall’effetto estetico di un pugno in un occhio. La piramide di fango di Andrea Camilleri, appena pubblicato, è poco più di 250 pagine, sul tavolo riesco a mettere tranquillamente una ventina di copie. Come lettrice amo i libri grossi, ma da sistemare quelli sottili sono molto meno complicati. Sistemati i libri sul tavolo ho finito? Dipende. Della serie di Agatha Raisin di M.C. Beaton mi arrivano poche copie e sono libri piccoli, stanno tranquillamente tutte sul gradino più stretto del tavolo. E i gialli che mi arrivano in due copie sul tavolo non ci vanno nemmeno perché non saprei dove metterli. Di Camilleri e Dicker però ho altre copie, che in qualche modo devo gestire.
Opzione 1: espongo il libro di faccia su diversi ripiani di uno dei nostri pilastri. Perché scelga quest’opzione devo avere poche copie che mi avanzano rispetto a quelle che metto sul tavolo o devo mandarne una quantità non eccessiva in magazzino. Troppi libri in magazzino sono un problema per il magazziniere e rendono tutti il lavoro più… laborioso.
Opzione 2: gli dedico ampio spazio su un tavolo che usiamo proprio per esporre i titoli più importanti. In quel caso posso non limitarmi a fare una piletta sul tavolo ma dedicargli tutto un lato, o mezzo lato, a seconda di quanti titoli importanti ho in quel periodo e di quante copie ho.
Opzione 3: cerco una base e faccio una pila da terra. Con Dicker e Camilleri ho fatto la pila da terra, e quella di Camilleri non è neppure troppo grossa nonostante il fatto che è composta da un bel po’ di libri. Ci sono momenti che amo i Sellerio!
Ovvio che esposizioni di questo tipo rendono i libri più visibili e li fanno vendere di più. Perché le facciamo? Beh, se io – e qui sto facendo cifre ipotetiche e non mi sto riferendo a nessun libro in particolare – ho 200 copie di un libro e ne espongo solo 10 mi sto suicidando. Intanto se è un libro che vende parecchio, magari dieci copie al giorno (gli autori di punta nei primi giorni della loro pubblicazione possono avere anche cifre più alte), e ne tengo esposte solo dieci copie significa che tutti i giorni dovrò scendere in magazzino a fare rifornimento, procurandomi più lavoro del necessario. E se per caso non faccio in tempo a scendere, perché a volte siamo troppo impegnati per andare in magazzino, perdo delle vendite. In più ci sono persone che entrano in libreria con l’idea di comprare un libro ben preciso. Se lo vedono è tutto ok, ma se non lo vedono quanti di loro lo chiedono? Non tutti, quindi è meglio facilitargli il compito rendendo il libro ben visibile.
I principali destinatari di un’esposizione massiccia però sono coloro che non hanno in mente un libro ben preciso. Loro sono aperti ai suggerimenti, e se gli capita di vedere un certo libro perché lo abbiamo messo bene in vista le vendite di quel libro aumentano. Ecco, per un libro è ben diverso essere esposto fra le proposte, solo sul tavolo di appartenenza, a scaffale di faccia o a scaffale di costa. Le vendite calano in relazione a quest’esposizione o, ribaltando i termini, a seconda di quanto sono alte le vendite noi ci regoliamo con l’esposizione.
Come detto, la novità in due copie può finire direttamente a scaffale. In genere vengono pubblicati troppi libri, e io ho troppi problemi di spazio, per potermi comportare diversamente. La novità in cinque copie va sul tavolo, e ci rimane a seconda di quanto vende. Ovvio che teniamo d’occhio tutti i titoli, e cerchiamo di rifornirli in modo da non rimanere mai senza di qualcosa che si potrebbe vendere. Io devo giostrarmi sulle quantità che ho, ma è ovvio che se dopo un mese di permanenza sul tavolo un libro non ha venduto neanche una copia quel titolo se ne va a parete. Se ci riesco di faccia, mandando in magazzino solo la metà delle copie che avevo sul tavolo, se non ho spazio tengo due copie a parete e il resto va in scorta.
La gestione del tavolo, sempre la zona di negozio che vende di più in rapporto al numero di titoli che contiene, è legata alle quantità che ho in giacenza e alle vendite, due dati oggettivi che io devo saper interpretare. Quella della parete è un po’ più libera. Se non ho spazio è tutto di costa, ma se di spazio ne ho posso scegliere cosa mettere di faccia. I gialli non li leggo, perciò in genere metto di faccia i titoli di cui ho più copie o quelli che mi chiedono di più. Il reparto fantasy lo coccolo. Se devo scegliere fra mettere di faccia un libro di Brandon Sanderson, autore che amo, o uno di John Stephens, che non ho mai letto e che sta sullo stesso scaffale, secondo voi chi sarà di faccia? E se ho un po’ di spazio sulla testata che mi consente di dare più visibilità a una manciata di titoli, piazzarò lì Robert Jordan o Markus Heitz, anche lui mai letto?
Queste scelte, e i nostri consigli, sono il tocco personale che diamo al negozio. Non posso decidere se tenere o no i libri di Camilla Läckberg, con quello che vendono se io non li tenessi farei un errore enorme. Non posso non tenere Licia Troisi, indipendentemente dal fatto che mi piaccia o no. Ma se consiglio un autore è più facile che vada su Michael Ende o su Jo Walton.
I libri che trovate sul tavolo sono presenti perché sono novità, o perché vendono tanto. Possiamo anche esporre in modo massiccio libri che secondo noi non valgono la carta su cui sono stampati, e il riferimento alle Sfumature di E.L. James non è puramente casuale, ma indipendentemente da quel che ne pensiamo noi come lettori questi libri hanno avuto il pregio di darci da mangiare per un bel po’ di tempo, perciò almeno un merito gli e lo dobbiamo riconoscere. E quell’unico merito è ciò che ha fatto sì che per parecchio tempo quella trilogia fosse davvero ben visibile.
Ci sono libri che vanno sul tavolo e non ne escono più, pensiamo a 1984 di George Orwell, e sappiate che anche fra i classici ci sono libri che stanno sul tavolo per un breve periodo e poi vanno in parete, ma questo vale anche per gli autori moderni. Secondo voi potremo mai mettere a parete I pilastri della Terra di Ken Follett o Lo scudo di Talos di Valerio Massimo Manfredi? La collega del reparti ragazzi potrà mai restare con una sola copia di ciascun volume della saga di Harry Potter?
Vi ho detto che leggiamo il venduto e facciamo rifornimento, e che facciamo pure le rese.
Teoricamente dovrei rifornire – badando di non avere mai più di una copia – i libri che vendono almeno quattro copie all’anno ma che non hanno un venduto alto. Con un pagamento all’editore dopo 90 giorni significa che noi ordiniamo il libro, lo mettiamo in negozio, lo vendiamo, incassiamo i soldi e parte di quei soldi li usiamo per comprare una nuova copia dall’editore, copia che pagheremo solo dopo averla già venduta. In teoria con questo meccanismo il negozio non dovrebbe mai mettere soldi propri, perché paga dopo aver già incassato. In pratica il negozio i soldi li mette perché ci sono libri che vendono meno, e perché se tutto funzionasse liscio non dovremmo mai fare le rese.
Perché io tenga in negozio più di una copia di un libro questo libro deve vendere più di una copia al mese. E perché lo rifornisca mi devo basare su dati concreti, non sulle intenzioni segrete delle persone. Parecchi anni fa Fanucci ha pubblicato la Storia del cinema di fantascienza in dieci libri. All’inizio qualche copia l’abbiamo venduta, poi i libri si sono fermati. Completamente. Dopo oltre un anno che non ne vendevo nemmeno una copia li ho resi tutti, e già avevo lasciato rimanere i libri in negozio per un tempo abbastanza lungo.
In questi giorni ho avuto fra le mani – e non è la prima volta che capita – una lista dei libri non movimentati da sei mesi. Un libro non movimentato non è solo un libro che negli ultimi sei mesi non ha venduto nemmeno una copia, è un libro che non abbiamo neppure ricevuto come rifornimento o rimandato almeno in parte in resa all’editore. È lì, fermo sullo scaffale, a prendere polvere, occupare spazio e non fare altro. La direttiva, quando riceviamo le liste dei non movimentati, è di rendere quei libri. A volte scegliamo di fare un’eccezione per una manciata di titoli, ma sono davvero pochi rispetto a quelli che se ne vanno. Se all’epoca avessi avuto in mano una lista di questo tipo quei libri avrei dovuto renderli ben prima rispetto a quando l’ho fatto. Eppure, giusto qualche giorno dopo che li ho resi, un tale è venuto a lamentarsi con me perché li avevo resi senza dargli il tempo di comprarli. Aveva avuto un anno per decidersi, quanto tempo ancora voleva? Glie l’ho fatto notare, per quel che sono servite le mie parole. Cioè nulla. A suo giudizio lui aveva sempre saputo di volerli comprare, anche se non me l’aveva mai detto, e aveva solo aspettato il momento giusto. Che era quel giorno. Quel giorno e solo quello, tanto è vero che non ha voluto ordinare i libri a nome suo e passare a ritirarli dopo una settimana senza alcun sovrapprezzo, perché lui li voleva in quel momento, non dopo. Qualcosa mi dice che voleva solo lamentarsi e leggere qualche altra pagina a scrocco, e che i libri non li avrebbe comprati neppure se fossero stati presenti, ma probabilmente sono io che penso male.
Se vedete un libro che vi interessa compratelo, non aspettate un altro giorno. La prossima volta che venite potrebbe non esserci più. Potremmo averlo reso perché non vendeva, o potrebbe essere esaurito. Ho letto Il nome del vento di Patrick Rothfuss grazie al prestito di un amico. Mi è piaciuto, tanto è vero che mi sono detta che prima o poi lo avrei comprato. Un giorno, almeno un anno più tardi, mi sono decisa a farlo, ma quando sono arrivata al lavoro ho scoperto che qualcuno aveva appena acquistato l’unica copia che avevo. L’ho rimessa in ordine, ma il libro non è mai tornato. Fanucci aveva esaurito le copie che aveva stampato e quel libro non si è più visto. L’ho comprato solo anni dopo, quando ne ha pubblicato la versione tascabile.
Oppure potremmo averlo spostato, e voi non sareste più in rado di ritrovarlo a meno di un colpo di fortuna. O conoscete perfettamente titolo e/o autore, o per noi fare la ricerca a computer è quasi impossibile. Il computer non cerca un libro che si intitola “XYZ o qualcosa del genere”. Non si ragiona con il qualcosa del genere, anhe se molti sembrano convinti del contrario. Se va bene riusciamo a capirvi, quando una signora mi ha chiesto L’arte della felicità di Allegra Speranza io ho capito che voleva L’arte della gioia di Goliarda Sapienza e glie l’ho dato. Ci abbiamo pure scherzato sopra, visto che la signora era dotata di senso dell’umorismo. La sua fortuna è stata di essersi confusa su un libro che vendeva abbastanza per cui il suo titolo mi era rimasto in mente. Se non lo avessi saputo di mio, come avrei fatto a trovarlo? E il fatto che ci dite che lo avete visto non troppo tempo fa proprio in un determinato punto del negozio non vuol dire niente. In primo luogo ognuno ha il suo concetto di non troppo tempo fa. Un signore una volta mi ha chiesto un libro dicendo che era appena stato pubblicato e quando, dopo una ricerca complicata sono riuscita a capire di cosa si trattava, gli ho fatto notare che che quel libro aveva tre anni, lui mi ha risposto “appunto, è un libro pubblicato da poco”. Con tutti i libri che vediamo per noi “poco” significa qualche mese, tenete presente che i lettori più assidui comprano i libri nel giro di una manciata di giorni dalla loro pubblicazione e anche per loro un libro “vecchio” di due mesi è, appunto, vecchio.
A volte nemmeno l’indicazione del tavolo su cui lo avete visto ha valore. Possiamo credere a quello che ci dite, anche se siete assolutamente in buona fede? Il beneficio del dubbio ve lo diamo, ma a volte un signore mi ha chiesto dove si trovava il reparto di storia e quando glie l’ho indicato ha ribattuto che lo avevamo spostato. Io gli ho risposto che era sempre stato lì dove si trovava anche in quel momento, lui ha insistito, io ho provato a spiegargli che magari si confondeva perché non era salito sempre dalla stessa parte e lui mi ha detto “lo vuole dire a me che sono cliente di questo negozio da dieci anni?” A quel punto sono stata zitta, perché altrimenti non sarei più riuscita a mantenere il tono cortese che avevo avuto fino a quel momento. Perché io in quel negozio ci lavoravo già da dieci anni, e forse avevo le idee un po’ più chiare delle sue. Ma come si fa a dirlo a uno convinto di sapere tutto lui? Come, mantenendo un tono cortese? Io non ne sono capace, perciò saluto e me ne vado il prima possibile. Tanto lui voleva sapere dov’era il reparto, e io lo avevo giusto accompagnato lì durante il nostro scambio di battute. Ma questo tizio, o quell’altro convintissimo che avevamo spostato gli ascensori (certo, come no, lo facciamo un giorno sì e uno no per dare un’aria sempre nuova al negozio) provano che non sempre ci possiamo fidare del senso dello spazio dei nostri clienti.
Ecco, se un libro vi interessa prendetelo subito, altrimenti non è detto che lo ritroverete. Se quel giorno non avete i soldi con voi, o non volete portarvi dietro il peso perché dovete andare in giro, potete sempre chiederci di metterlo da parte a vostro nome per qualche giorno, quando tornerete (sempre che non decidiate di fare il giro del mondo prima di tornare e non scomparita per 80 giorni) il libro sarà ancora lì ad aspettarvi senza tema di rese, vendite, titoli ricordati male o spostamenti. Potremo non avere, e di fatto non abbiamo, tutti i libri che ci sono in commercio ma se sappiamo, o anche solo sospettiamo, che un particolare libro possa interessare a qualcuno il libro sarà lì in negozio a disposizione del cliente.