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Vita e morte, jean de sponde e rimbaud: non pensare all’elefante

Creato il 12 febbraio 2013 da Postpopuli @PostPopuli

di Simone Provenzano

DELLA MORTE  E DELLA VITA.

Oggi voglio fare un gioco. Non usare parole mie, ma parole belle, molto più belle.
Vorrei proporvi 2 poesie. Metterle a confronto e farvele vivere così come le ho vissute io.
L’ansia per ciò che inevitabilmente verrà e la gioia di ciò che adesso ho.

Ma, se morir bisogna, e la vita orgogliosa
che sfida la morte, sentirà i suoi furori
gli Astri disseccheranno questi fiori d’ogni giorno
e il tempo abbatterà questa luce dal vento agitata.

Questa bella fiaccola che sprigiona una fiamma fumante
sul verde della cera spegnerà i suoi ardori,
l’olio di questo quadro sbiadirà i suoi colori,
e i suoi flutti si s’infrangeranno sulla riva spumeggiante.

Ho visto queste nitide folgori passare dinanzi agli occhi miei
e il tuono ancor, che rumoreggia nei Cieli,
dove dall’una o dall’altra parte scoppierà l’uragano.

Ho visto fondersi la neve, e i suoi torrenti prosciugarsi,
questi leoni ruggenti li ho visti senza furore,
vivete, Uomini, vivete, poiché mori dobbiamo.

Fermiamoci un secondo e ringraziamo Jean de Sponde e questo brano estratto dai sonetti della morte. Facciamoci spaventare dall’idea dell’ineluttabile. Lasciamoci toccare. Non è cacciando da noi questo pensiero che ci renderemo felici.

VITA E MORTE, JEAN DE SPONDE E RIMBAUD: NON PENSARE ALL’ELEFANTE

Jean de Sponde – babelio.com

La cosa bella di De Sponde è che in questi pochi versi ci rende tutto naturale, qualcosa di cui non dobbiamo preoccuparci. Questa preoccupazione non ci serve.
Ma il buon Jean proprio sul finale mi casca sull’elefante!

Quando ci propone di vivere perché moriremo è come se ci chiedesse di non pensare alla morte. Ed è come se io adesso vi chiedessi di non pensare ad un elefante. Tutti, immediatamente, non possiamo che recuperare l’immagine del pachiderma dai nostri cassetti mnemonici.

Ecco perché ho bisogno di una seconda poesia.
Qualcosa che non nomini più l’elefante, ma che per contrasto renda evidente la sua assenza.
Perché per Vivere, come vorrebbe farci vivere De Sponde, possiamo solo recuperare questa sensazione:

Nelle azzurre sere d’estate, me ne andrò per i sentieri,
punzecchiato dalle spighe, a calpestare l’erba tenera:
trasognato, ne sentirò la frescura ai piedi.
Lascerò che il vento bagni la mia testa nuda.

Non parlerò, non penserò a niente:
ma l’amore infinito mi salirà nell’anima,
e andrò lontano, molto lontano, come uno zingaro,
attraverso la Natura, − felice come con una donna.

Ecco a voi Rimbaud! E la sua meravigliosa Sensazione!
Ecco la libertà dall’ineluttabile.
Ecco la felicità.
Ecco l’uomo e la sua natura.
Libera.


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