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Vita mia nel pozzo non troverai. Pablo Neruda

Creato il 01 febbraio 2014 da Vivianascarinci

Quale è la dimensione in cui la poesia d’amore tracima nella passione politica? Nel caso di Pablo Neruda questo travaso è tutto l’orizzonte che si determina attraverso un ideale di solidarietà civile cui la sua biografia parebbe consacrata per intero. Così come è determinata, la vita del poeta, dagli incontri che via via hanno ispirato il suo impegno politico e la sua opera poetica alla stessa maniera. Dai versi per Matilde Urrutia, che ispirarono tutto un libro I versi del Capitano, a quelli per Federico García Lorca, il grandissimo poeta e amico che il 19 agosto 1936 cadde vittima della guerra civile spagnola, venendo fucilato. Lunedì 3 febbraio, alle 18,00, il circolo dei lettori di poesia, si riunisce presso il Centro Libellula di Morlupo per leggere insieme le poesie di Pablo Neruda. Ingresso Libero, info [email protected]

da Residencia en la tierra II, Ode a Federico García Lorca

Se potessi piangere di paura in una casa abbandonata,
se potessi cavarmi gli occhi e mangiarmeli,
lo farei per la tua voce di arancio in lutto
e per la tua poesia che vien fuori gridando.

Perché per te dipingono di azzurro gli ospedali
e crescono le scuole e i rioni sul mare
e s’infoltiscono di piume gli angeli feriti
e si rivestono di squame i pesci nuziali
e i porcospini volano verso il cielo:
per te le sartorie con le nere membrane
si gremiscono di cucchiai e di sangue
e inghiottono nastri rotti e si uccidono a baci
e vestono di bianco.

Quando voli vestito di pèsca,
quando, ridendo, sembri sconvolto da un turbine,
quando per cantare scuoti le arterie e i denti
e la gola e le dita,
vorrei morire tanto dolce sei,
vorrei morire per i laghi rossi
dove abiti avvolto dall’autunno
con un corsiero caduto e un dio insanguinato,
vorrei morire per i cimiteri
che come fiumi di cenere passano
con acque e tombe,
di notte, le campane affogate:
fiumi gremiti come camerate
di soldati ammalati, che all’improvviso crescono
verso la morte in fiumi con numeri di marmo
e corone marcite e oli funerari:
vorrei morire per vederti di notte
mentre guardi passare le croci annegate,
in piedi e piangendo,
perché davanti al fiume della morte
piangi ferito e abbandonato,
piangi piangendo, con gli occhi gonfi
di lacrime, di lacrime, di lacrime.
(..)

Il pozzo, da I versi del Capitano

A volte sprofondi, cadi
nel tuo buco di silenzio,
nel tuo abisso di collera orgogliosa,
e puoi appena
tornare, ancora con i segni
di ciò che trovasti
nella profondità della tua esistenza.

Amor mio, che trovi
nel tuo pozzo chiuso?
Alghe, pozzanghere, rocce?
Cosa vedi con occhi ciechi,
scontrosa e ferita?

Vita mia nel pozzo
in cui cadi non troverai
ciò che conservo per te sull’altura:
un mazzo di gelsomini con rugiada,
un bacio più profondo del tuo abisso.

Non temermi, non cadere
di nuovo nel tuo rancore.
Scuoti la mia parola che venne a ferirti
e lasciala volare per la finestra aperta.
Tornerà a ferirmi
senza che tu la guidi
poiché fu caricata con un istante duro,
e quell’istante sarà disarmato sul mio petto.

Sorridimi radiosa
se la mia bocca ti ferisce.
Non sono un dolce pastore
come nei racconti di fate,
ma un buon legnaiolo che con te condivide
terra, vento e spine dei monti.

Amami, tu, sorridimi,
aiutami ad essere buono.
Non ferirti in me, sarà inutile,
non ferir me, perché ti ferisci.

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