Vitamine spaziali

Creato il 18 aprile 2014 da Media Inaf

Un campione di vitamina B3 utilizzato nell’esperimento. Crediti: Karen Smith

Nel 1911 il chimico polacco Casimir Funk coniò uno di quei termini che nel giro di qualche anno riescono a essere sulla bocca di tutti, rompendo con forza le barriere del linguaggio scientifico specialistico. Si tratta della parola “vitamina”, che per lo scienziato era tale in quanto “ammina vitale”, ovvero composto organico portatore di vita.

Fu così che poco più di un secolo fa si affermò per la prima volta l’idea che le vitamine avessero un ruolo centrale nello sviluppo degli organismi viventi, e che una loro carenza potesse portare a una serie di patologie più o meno gravi.

Ma se volessimo fare un passo ancora più indietro? Qual è stata la primissima origine delle “ammine vitali”? È la domanda che si è posto un gruppo di ricerca finanziato dalla NASA, che ha realizzato una serie di esperimenti per verificare un’ipotesi alquanto curiosa: le vitamine arrivano dritte dritte dallo spazio.

In particolare, i ricercatori si sono concentrati sulla vitamina B3, in genere presente nei prodotti freschi (latte, verdure, cereali) e responsabile della prevenzione della pellagra. I risultati sembrano confermare che questa vitamina sia arrivata sulla Terra niente meno che a bordo di meteoriti: un possibile punto a favore della teoria secondo cui la vita avrebbe avuto origine nello spazio prima che sul nostro pianeta.

“La vitamina B3, anche chiamata niacina o acido nicotinico, è un precursore del NAD (nicotinamide adenine dinucleotide), che è essenziale per il metabolismo e ha probabilmente origini molto antiche” spiega Karen Smith della Pennsylvania State University e prima firma dell’articolo pubblicato sulla rivista Geochimica et Cosmochimica Acta.

Nel loro esperimento, Smith e colleghi hanno analizzato campioni provenienti da 8 diversi meteoriti ricchi di carbonio, chiamati “condriti carbonacee di tipo 2”. Qui hanno trovato tracce di vitamina B3, per un totale che oscilla tra 30 e 600 parti per miliardo (ppb, da parts per billion, unità di misura corrispondente a un rapporto di 1 miliardo a 1).

Non è la prima volta che la vitamina B3 spunta da frammenti di meteoriti. Nel 2001 un gruppo di ricerca guidato da Sandra Pizzarello dell’Arizona State University ne aveva trovato traccia nel meteorite Tagish Lake, insieme a un’altra molecola chiamata acido piridincarbossilico.

Lo stesso composto individuato anche dal gruppo di Karen Smith, che però ha fatto un passo in più. “Abbiamo trovato una costante: la vitamina B3 e l’acido piridincarbossilico erano in quantità minore se provenienti da asteroidi che erano entrati in contatto con acqua liquida” racconta la ricercatrice. “Una possibilità è che queste molecole siano state distrutte dal prolungato contatto con l’acqua”.

Ora i ricercatori vogliono verificare questa ipotesi con nuovi esperimenti sulla chimica interstellare, per capire meglio come la vitamina B3 possa essersi formata nello spazio. “Vogliamo aggiungere acqua ghiacciata, la componente dominante del ghiaccio interstellare, per trovare semplici precursori organici della vitamina B3” conclude la ricercatrice.

Fonte: Media INAF | Scritto da Giulia Bonelli


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