Magazine Psicologia

Vite che scorrono, il vuoto fertile.

Da Gianfranco

E per quanto sta in te E se non puoi la vita che desideri cerca almeno questo per quanto sta in te: non sciuparla nel troppo commercio con la gente con troppe parole e in un viavai frenetico. Non sciuparla portandola in giro in balia del quotidiano gioco balordo degli incontri e degli inviti, fino a farne una stucchevole estranea.

(Costantinos Kavafis)


Vite che scorrono..trame familiari che a volte imprigionano, incatenano o liberano… il senso più profondo ..il legame! Un viaggio complesso per giungere poi verso l’ignoto, quell’ignoto che molto spesso nella vita quotidiana ci spaventa e c’ angoscia. ..quanto è difficile cambiare. ..Legami familiari scolpiti da profonde storie, segnate dal tempo e nel tempo, ognuna con i propri colori, sapori e dolori…amori a volte mai iniziati, amari o già destinati…a volte amori che si lasciano toccare…e comunque amori! Vite che scorrono ..a volte nelle ripetitive sequenze ormai automatiche e scontate, a volte misteriosamente risvegliate dal piacere del senso più profondo che la nostra mente con il nostro cuore è in grado di dare a quelle stesse azioni e sequenze. Silenzio…pausa.. parole ..nuovamente silenzio…necessità di fatti! Se solo per un attimo potessimo immaginare che all’origine c’è qualcosa da accogliere e da comprendere nella sua dimensione più ampia…opposti che si confrontano, si incontrano per poi fondersi. La qualità della nostra vita dipende profondamente anche dalla qualità delle nostre relazioni: da come viviamo i rapporti con amici e colleghi, partner, figli e genitori… Riuscire a vivere meglio le relazioni è un atto di amore verso noi stessi, un gesto che produce beneficio anche a chi ci sta intorno. “Vivere meglio” non significa sempre e necessariamente mantenere una relazione. Vi sono relazioni che occorre saper “lasciar andare”, trasformare, definire diversamente. Ma è un peccato quando una relazione degenera senza che le due persone abbiano fatto nulla per comprendere quali sono le ragioni profonde e nascoste di questo processo. Certo la parola nella sua determinatezza non potrà mai saturare. Non che il linguaggio sia in sé imperfetto; non che, di fronte al visibile esso si trovi in una povertà o in uno stato di mancanza che si sforzerebbe invano di abolire.. Tuttavia è impossibile dire tutto ciò che si vede o si sente.


Per esempio: quali e quanti possono essere i significati di ciò che diviene forma e figura, e poi ancora il senso ed i significati della luce, delle atmosfere e dei loro riflessi .. i significati delle ombre e delle penombre nelle loro inafferrabili gradazioni? (1) Anche la sofferenza umana resta sempre al di là della capacità di comprensione e di spiegazione.. con il solo uso della parola. Mysterium iniquitatis… essa va al di là di ogni possibile comprensione e rimanda, sempre ed inevitabilmente, a quell'assurdo della cui stoffa è tessuto il destino di ciascuno. A volte la parola serve a nascondere una scarsa propensione a tener conto dei fatti..e può anche prestarsi a diventare il servitore delle resistenze. Freud diceva è come il canto del viandante nella notte, tiene compagnia ma non illumina la strada. Lo stesso Freud, nella sua opera, contempla più volte, la possibilità dell’esistenza di comunicazioni tra creature umane che avvengano a livello telepatico, ovvero senza bisogno dell’uso della parola. Nel 1932 scrive: “Il fenomeno dell’induzione del pensiero è molto vicino alla telepatia...Esso dà per certo che processi psichici in una persona...possano trasmettersi attraverso lo spazio libero a un’altra persona, senza valersi delle vie conosciute di comunicazione fondate su parole e su segni” (2) Il processo telepatico consisterebbe nel fatto che un atto mentale di una persona suscita il medesimo atto in un’altra persona. Ciò che sta tra i due atti mentali può benissimo essere un processo fisico, ove lo psichismo a un’estremità si trasforma appunto in questo processo fisico, e quest’ultimo, all’altra estremità, si trasforma nel medesimo psichico. Nulla vieta di supporre che questo sia il mezzo originario, arcaico di comunicazione tra gli individui, e che nel corso dell’evoluzione filogenetica esso sia stato sopraffatto dal metodo migliore di comunicare che si avvale di quei segni che gli organi di senso sono in grado di captare. Ma chissà che il metodo più antico non sia rimasto nello sfondo e si affermi ancora in certe condizioni come strumento di comunicazione diretto e non mediato dalle sovrapposizioni dell’Io. “Tutto ciò è ancora incerto e denso di insoluti enigmi, ma non vi è ragione di spaventarsi” (3) Spesso tacendo diciamo di più che parlando e la parola può essere usata per depistare piuttosto che per rivelare. E’ il silenzio lo strumento rivelatore alla base della comunicazione telepatica.. 
D’altra parte i riti più solenni vengono celebrati nel silenzio più assoluto. Il silenzio, allora, non è solo il luogo della passività o dell’isolamento, ma può essere lo spazio originario dove ridare voce all’essenziale, alla dimensione più vera di noi stessi, al senso complessivo del vivere “Dopo aver camminato a lungo per le vie, in mezzo alla gente, alle cose e ai segnali, ho voglia di isolarmi dal rumore: cerco un luogo tranquillo per riposare.. per non pensare a niente, svuotarmi i sensi e la testa; per concentrarmi, smettere di sentire, cominciare ad ascoltare... Il silenzio che mi sono procurato, isolandomi dai rumori normali, mi permette di ascoltare..”(4) Questa penetrante riflessione ci suggerisce la dimensione feconda del silenzio, inteso come spazio privilegiato per dare voce a ciò che, in un mondo che ci appare sempre più imprevedibile, disorientante, quando non ostile, teniamo segregato in quella gabbia d’acciaio che è diventata la nostra anima, in modo da poterci omologare ai linguaggi e ai vissuti dei più. L’omologazione esistenziale spesso ci offre una sorta di rassicurante rifugio contro la fatica del vivere e, soprattutto, non mette alla prova il nostro coraggio, la nostra libera volontà di progettare percorsi alternativi a quelli efficientistici e produttivistici che connotano in modo radicale questo nostro stare al mondo. Ascoltare il silenzio, di contro, mette in gioco la nostra “realtà totale” di uomini e ci permette di guadagnare alcune feconde dimensioni dell’esistenza. Anche la parola Vuoto comunemente evoca mancanza, solitudine, assenza di sostegno, freddo ..e nel vuoto abbiamo tutti paura di smarrirci o peggio ancora di morire nel disinteresse generale. Ma il Vuoto può essere anche un luogo fertile, nel quale può nascere qualcosa di estremamente utile per la nostra crescita e, quindi, per la nostra vita. La Gestalt, infatti, ci insegna che il vuoto non è che una polarità, l’aspetto opposto della nostra capacità di provare pienezza e sazietà, ed inoltre considera il dialogo tra le parti come lo spazio entro cui il linguaggio del corpo e quello del discorso si trasformano in scelte di vita e nuove azioni.Il vuoto non è che lo spazio entro cui può avvenire il cambiamento. “L’individuo capace di tollerare l’esperienza del vuoto fertile, sperimentando fino in fondo la propria confusione avrà una grande sorpresa..” In tale attitudine confluiscono più elementi: la fiducia nei processi autoregolativi ed autoplastici, l’impostazione maieutica e non intellettualistica. Tale condizione rappresenta il risultato di un addestramento, a cui, invero, troppa poca attenzione viene spesso dedicata anche in seno ai tradizionali corsi di formazione. …La maggior parte delle persone crede di risolvere la confusione, le confusioni sgradevoli, interrompendole con interpretazioni, speculazioni, spiegazioni e razionalizzazioni. “Contattare gli strati più profondi della nostra esistenza…esercitarsi ad ascoltare i propri pensieri.. il proprio respiro“.(5) Abituare i bambini a poter rimanere anche in ascolto del vuoto…di uno spazio non strutturato in cui creativamente impegnarsi in qualcosa. La psicologia ci insegna che Noi abbiamo il potere di decidere e di scegliere la nostra vita ..cambiando il nostro modo di agire, sentire e pensare. (6) La storia di ognuno è una combinazione fra l’esposizione alla cultura d’appartenenza e la propria, particolare esperienza individuale. Si può pensare pertanto che gli individui siano portatori di norme sociali simili e convinzioni personali differenti. Cambiare allora può richiedere solo l’apprendimento di alcune nuove abilità chiave ..molto spesso implica la trasformazione più profonda di una convinzione radicata e limitante…e far sì che il cambiamento desiderato sia reale ed autentico. Il processo terapeutico spesso, è volto ad interrompere i blocchi che limitano il percorso di crescita personale..e che quando sopraggiungono danno l’impressione a chi ne è colpito di essere come intrappolato, senza via di uscita..si tratta di interrompere questa fase di stallo, aprire un varco.. abbattere le mura e far riprendere il proprio percorso di autorealizzazione.(7)
Anche la storia segna il passaggio di epoche di anime imprigionate dagli stessi simili, torturate dalla stessa specie elevata…motivo per cui si può spiegare la resistenza successiva! E’ bello pensare ad un cammino comune verso la nostra “liberazione”. “Tutti gli esseri umani hanno diritto a……..” Il più delle volte questa affermazione è innegabile, tanto da essere evidente, da sembrare inutile, da rasentare la banalità. Altro però è innegabile, evidente e banale: queste enunciazioni di diritti sono spesso ignorate.. disattese. L’abitudine alle violazioni rende i diritti universali molto simili a un’universale ipocrisia: più universale e più vera delle dichiarazioni. E chi lo annota rischia di risultare petulante, ingenuo e privo di “senso della realtà”. Il diritto alla salute si aggira nei dintorni immediati del diritto a vivere: diritto così elementare, così di base che è presupposto di qualsiasi altro. Tanto elementare e di base, da non avere particolare bisogno di essere enunciato, formulato, elaborato. Quando parliamo di diritti allora dovremmo pensare “che non è pensabile dire di no” ..e che non basta che documenti solenni li enuncino per essere poi ignorati e violati, constatazione che tanto si ripete da costituire la normalità. Evitare le conseguenze di questa perversa “normalità” può essere il senso e lo scopo di “un’esistenza che ha valore.” La vita delle persone, non può essere uno strumento per raggiungere uno scopo: è essa stessa sempre comunque uno scopo, sempre comunque da perseguire. Rispondere incondizionatamente al bisogno e al diritto incondizionato di un essere umano a vivere: questo è forse un privilegio che “fa bella” l’esistenza. Solo un modo fra tanti di concepire la vita, forse. Ma forse anche il dovere, per tutti di rispettarla.(8) Se amate una persona per quello che è, le permetterete di crescere in ciò che potrebbe diventare. (H. Palmer) “Laddove gli uomini sono condannati a vivere nella miseria, i diritti dell’uomo sono violati. Unirsi per farli rispettare è un dovere sacro”

Dott.ssa Tecce Anna

Psicologa, Psicoterapeuta

(Padre J.Wresinski - Parigi,17 Ottobre 1987) 1) Corrado Bonicatti, “Dialoghi di luce” di Massimo Modica, in Eidos (Cinema, psiche e arti visive) n.13 di febbraio 2009; 2-3) Sigmund Freud, “Sogno e occultismo” in “Introduzione alla psicoanalisi”, 1932, in Opere, B.Boringhieri Torino 1989 vol IX pag.153- Pag.168; 4) P.Aldo Rovatti, “Esercizio del silenzio”, Cortina Raffaello,1992; 5) Berne E. “Analisi Transazionale e psicoterapia”, Roma,Astrolabio, 1971; 6) F.Perls S: Terapia della Gestalt e Potenzialità umane (a cura) di P.scilligo e M.S. Barreca in Gestalt e Analisi Transazionale Vol II, Roma,LAS,1983; 7) Berne E. “Principi di terapia di gruppo” Roma, Astrolabio, 1986; 8) CG in “Emergency” n. 44 di Settembre 2007


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