Vivere sott’acqua non facile. In pochi ti vedono perché devi rimanere invisibile il più possibile. Nessuno potrebbe credere che sia vero e non lo credevo nemmeo io, prima di vedere con i miei occhi. Sopra di te lampadari scintillanti, cristallerie ed ampi saloni in cui persone in abito elegante si muovono a passo di musica, ignari della tua presenza.
Eppure, al di là di quella spessa e pesante porta frangifuoco, un paio di piani sotto il livello del mare vivi con altre decine di persone come te. I soffitti bassi, i corridoi opprimenti e gli ambienti angusti sono la vostra casa e quando ci ho messo piede, quella volta per caso, mi sono sentita come risucchiata improvvisamente in uno spazio temporale lontano anni luce da dove mi trovavo pochi attimi prima.
La coltre di fumo rendeva l’aria irrespirabile, almeno per me, e tu ti sei seduto al bancone del bar con un bicchiere di rum in una mano e la sigaretta nell’altra. Sembrava di essere stati catapultati in un affollato bar di una qualche città del sud est asiatico.
Tutti mi guardavano attoniti perché non avrei dovuto essere lì, sul piano dove l’equipaggio della nave vive una vita parallela a quella sovrastante, fatta di agi ed allegria.
Cercavo una bottiglia d’acqua nel momento sbagliato e tu, gentilmente, mi hai portato nel tuo mondo, dove si vive senza la luce del sole e in spazi minimi a stretto contatto con gli altri. Persone che, forse, in caso d’incidente nessuno andrebbe a cercare e che, nella maggior parte dei casi, parlano lingue difficili da comprendere.
Chissà se su quella nave, quel grande gigante ferito, c’eri anche tu. Sicuramente però c’erano tanti che come te vivono nell’ombra una vita difficile da spiegare e da comprendere.