La scelta (di Sabrina M.)
Rosa Louise Parks, 1913-2005
Rosa Louise Parks
Era ora di tornare a casa.
Rosa infilò il soprabito, si sistemò il cappello e prese a camminare verso la fermata dell’autobus. Le gambe erano pesanti e gli occhi portavano la stanchezza di una lunga giornata di lavoro. Aspettò al freddo, salì e si sedette nell’unico posto libero, mentre l’autista le offriva la consueta occhiata inospitale. Decise di non farci caso e si distrasse guardando fuori dal finestrino, osservando la sua città scorrere come un film sempre uguale, visto e rivisto centinaia di volte. Alcune fermate più tardi salirono altri passeggeri, il conducente del mezzo questa volta le rivolse la parola col tono secco e perentorio di un ordine. Doveva alzarsi e lasciare libero il suo posto. Non fu l’unica a ricevere lo sgraziato invito: Rosa avrebbe potuto seguire l’esempio di coloro che ubbidirono senza replicare. Rosa invece non si alzò, rimase ancorata al suo posto così come alla patria delle sue convinzioni e sancì il suo semplice ‘no’ in nome delle offese del passato, del presente e di quelle che non desiderava per il futuro.
Rosa Louise Parks
Ecco, mi piace immaginare così la signora Rosa Louise Parks, afroamericana di professione sarta, che quel giorno, con il suo apparentemente piccolo non-gesto, accese una scintilla che cambiò il corso della storia. A volte capita che i grandi avvenimenti si condensino nell’attimo breve di una decisione caparbia, come se quel momento portasse con sé tutti gli elementi per farlo diventare, senza alcun preavviso, il momento giusto, l’istante esatto in cui, come in un silenzioso scontro tra titani, si impongono la giustizia e la dignità a scapito della paura e la rassegnazione. E niente è più come prima.
Era il primo dicembre del 1955. Montgomery, Alabama.
Secondo le norme cittadine, i posti a sedere sulla parte anteriore degli autobus erano riservati ai bianchi, comunque anche quelli posteriori, qualora il mezzo fosse stato affollato, dovevano essere ceduti. A onor del vero quasi tutto -scuole, negozi, ospedali- era suddiviso in una categoria di serie A ed una di serie B. Un mondo bianco e un mondo nero, una scacchiera con demarcazioni nette, senza sfumature. Esistevano le leggi sulla segregazione razziale, senza contare quelle non scritte appartenenti alle organizzazioni o alle confraternite fondamentaliste (KKK). Non c’era molto da scherzare, c’era solo da nutrire l’ordinaria inquietudine e fare attenzione a non sovvertire i precetti di un mondo assurdo, se si voleva continuare a lavorare, a vivere, e talvolta perfino a riportare a casa le ossa intere.
Al rifiuto di Rosa di alzarsi dal suo posto, l’autobus fu fermato e lei arrestata, rea di aver violato le regole di un ecosistema inconcepibile ma dagli equilibri ben precisi. Altri fatti simili erano già accaduti senza destare alcuna particolare eco, tuttavia probabilmente quello era davvero l’attimo giusto, la frazione di tempo in cui le cose sono realmente pronte per cambiare direzione. Ne seguì un lunghissimo boicottaggio degli autobus da parte della comunità nera (381 giorni), fra le cui guide spiccava un certo (allora giovanissimo) Martin Luther King, destinato negli anni successivi ad illuminare il mondo intero attraverso il suo pensiero e la sua lotta non violenta per i diritti civili.
Rosa Louise Parks
Nei mesi successivi, il “way of live” di un’intera città subì un profondo scossone. Numerose forme di protesta in tutto il Paese, oltre al boicottaggio degli autobus -che paralizzò il sistema dei trasporti per molto tempo causando notevoli danni economici- indussero la Corte Suprema degli Stati Uniti (eh si, il caso di Rosa arrivò fin lì) a ritenere incostituzionale la segregazione razziale sui mezzi pubblici. Una vittoria sudata, il primo gradino di dignità conquistata, l’inizio di una nuova vita in cui la parola “libertà” poteva essere pronunciata con la gioia di possedere qualcosa di nuovo e a lungo desiderato. Non certo senza difficoltà, né riscontro immediato da parte di quella parte congrua di società il cui tacito potere, giusto o non giusto, incassava con grande fastidio la perdita di supremazia. Ci vorranno ancora tempo, coraggio, convinzione, senso della giustizia, sopportazione, tenacia.
Non fu facile nemmeno per Rosa, ormai divenuta il simbolo umile del movimento per i diritti civili. Lei ed il marito subirono ancora i soprusi di chi non desiderava cambiare le cose, forse persino l’allontanamento di amici e conoscenti intimoriti dalla loro posizione ‘pericolosa’. Furono costretti a trasferirsi a Detroit, nel Michigan, dove Rosa continuò a difendere i diritti civili con la convinzione, l’umiltà e la fede di sempre.
Si spense nel 2005, all’età di 92 anni, con la serenità di chi ha vissuto nel giusto, rischiando e lottando per non perdere la dignità semplice e pulita che occorre ad ogni essere umano per vivere.
Consiglio letterario:
I have a dream, di Martin Luther King
(ed. Mondadori, 2001, pp. 400, ISBN 9788804498933)
Questo è l’ultimo articolo di Sabrina prima della sospensione estiva: ne approfitto per ringraziarla per tutte le splendide Vite che ha condiviso con noi.
Naturalmente, le ho rivolto l’invito a riprendere la collaborazione con il blog a settembre e spero vivamente che accetti…