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Vittoria a metà di Khamenei

Creato il 09 marzo 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Vittoria a metà di Khamenei

Ha votato circa il 64% degli aventi diritto alle elezioni parlamentari iraniane dello scorso 2 marzo, l’11% in più rispetto al 2008. Si è scongiurato così il rischio di una bassa affluenza alle urne temuto dalla Guida Suprema, Ali Khamenei. I risultati consegnano però un quadro del paese molto articolato, a partire dal vistoso calo dei votanti nelle grandi città, come dimostrato dal modesto 48% di affluenza a Tehran.

La stampa iraniana, nel frattempo, ha annunciato a gran voce la vittoria netta e definitiva dei movimenti più vicini e leali alla Guida, e la notizia è stata subito amplificata dalla stampa di tutto il mondo. Il risultato elettorale, però, è più complesso, e potrebbe riservare incognite di non modeste proporzioni.

Chi ha vinto

Il primo spoglio – parziale – del voto, ha consacrato la vittoria del Fronte unito principalista (Upf), seguito dal Fronte di stabilità della rivoluzione islamica (Sirf), sebbene solo 225 candidati – sui 290 seggi – abbiano superato al primo turno la barriera del 25% delle preferenze richieste dalla legge elettorale iraniana per accedere al parlamento (Majlis). I restanti 65 dovranno essere scelti tra un mese, in un ballottaggio tra 130 candidati, dove verranno eletti i 25 deputati mancanti nella circoscrizione di Tehran (solo 5 sono passati al primo turno), e altri 40 deputati in 33 differenti circoscrizioni nazionali.

Tra i 225 candidati passati al primo spoglio, la maggioranza è senza dubbio riconducibile alle due formazioni dell’Upf e del Sirf, sebbene molti siano gli indipendenti che paleseranno la loro reale posizione solo a parlamento insediato. La vera portata della vittoria dei movimenti più vicini alla Guida e lo spazio di manovra dell’opposizione saranno dunque chiari solo tra un po’, quando saranno insediati anche i 65 candidati ancora da eleggere.

L’Upf, secondo le proiezioni, è il movimento che ha ottenuto il maggior numero di voti, seguito dal Sirf e da una costellazione di movimenti minori e candidati indipendenti. L‘Upf rappresenta una coalizione conservatrice di varia estrazione, dominata tuttavia da posizioni vicine a quelle della Guida, non radicali ed anzi ispirate ad una visione moderatamente progressista della politica e dell’economia. Il trait d’union del movimento è la decisa opposizione alla politica del presidente Ahmadinejad, accusato di aver danneggiato politicamente ed economicamente il paese.

Variabili indipendenti

Il Sirf, anch’esso vicino alla Guida, ha una connotazione molto meno ostile ad Ahmadinejad, con il quale condivide alcune posizioni soprattutto in politica estera. Alcuni suoi membri potrebbero decidere di sviluppare alleanze selettive e temporanee con l’opposizione, rendendo alquanto incerto il reale posizionamento del movimento nell’ambito dello spettro parlamentare.

C’è poi un cospicuo numero di indipendenti, perlopiù eletti nei collegi minori, tra i quali Ahmadinejad sembra godere di maggiori simpatie, e che potrebbero contribuire a definire un quadro complessivo parzialmente diverso da quello sinora sbandierato dall’Upf.

Va inoltre ricordato che queste elezioni hanno rappresentato soprattutto un’occasione per ridefinire i rapporti di forza– sempre più conflittuali – all’interno del fronte conservatore, vedendo invece pressoché assenti le forze dell’ex movimento riformista. Queste ultime hanno preferito infatti boicottare le elezioni, come risulta dall’astensionismo particolarmente rivelante nelle aree urbane, tradizionale roccaforte dei riformisti.

Accusato di istigazione al boicottaggio, l’ex presidente Khatami si è recato alla fine alle urne, generando malcontento tra i suoi sostenitori, e giustificando la sua scelta con la necessità di impedire alle forze conservatrici di accusare i riformisti di aver ostacolato il processo elettorale. Una scelta che, ancora una volta, ha deluso il campo riformista amplificando il problema dell’assenza di leadership.

Apertura agli Usa

La coalizione che sembra aver avuto la meglio in questa tornata elettorale, come sempre in Iran, è particolarmente eterogenea e conflittuale. Una volta raggiunto l’obiettivo unificante di sconfiggere il “pericolo Ahmadinejad”, è probabile che torni a dividersi per la supremazia del nuovo parlamento e, soprattutto, per la conquista delle prossime elezioni presidenziali.

Particolarmente ridimensionato potrebbe essere poi il ruolo di Ali Larijani (che insieme ai due fratelli viene ironicamente indicato come capo di un “clan”), reo di aver espresso posizioni parzialmente in contrasto con quelle della Guida Suprema, mentre sembra profilarsi l’ascesa di Gholam-Ali Haddad Adel, fedelissimo sostenitore del rahbar e, non ultimo, genero dei Mojtaba Khamenei.

Diatribe interne a parte, sotto il profilo della politica estera la priorità del nuovo parlamento sarà – se la Guida riuscirà ad imporlo, cosa tutt’altro che facile e certa – il depotenziamento della spirale di crisi con Israele. Cercando di riattivare qualsiasi linea negoziale atta ad impedire uno scontro militare e, soprattutto, una eventuale partecipazione degli Stati Uniti a qualsiasi ipotesi di attacco israeliana.

In questo solco, ed in completa controtendenza rispetto alla politica portata avanti dal presidente, non è affatto improbabile l’adozione di misure volte ad offrire rassicurazioni sul negoziato nucleare, che la Guida potrebbe avallare nell’ambito di una nuova strategia di sicurezza nazionale.


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