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VIVA LA LIBERTÀ di Roberto Andò – RECENSIONE

Creato il 16 febbraio 2013 da Wsf

Viva la libertà

CAST: Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Michela Cescon, Anna Bonaiuto, Eric Trung Nguyen, Judith Davis, Andrea Renzi, Gianrico Tedeschi, Massimo De Francovich.

Mentre l’Italia si arrovella, più o meno consapevolmente, nelle elezioni più importanti degli ultimi 20 anni, questo film silenzia di fatto l’intera campagna elettorale a cui abbiamo assistito in questi mesi. Imu, Irpef, Iva, Pil, sigle che cambiano la vita delle persone, affrontate senza alcun tipo di ritegno, passione o contenuto, sbandierate come fossero prive di sacrificio. No. Ci voleva il pazzo shakesperiano, ideato da Roberto Andò, con la meravigliosa (doppia) faccia di Toni Servillo a riabituarci ad un vocabolario accessibile del linguaggio politico (purtroppo è solo Cinema…ragazzi), a fornirgli quello slancio di speranza e di cultura di cui i cittadini avrebbero davvero bisogno. Parole tanto lontane dal populismo, quanto a loro modo vicine, nella semplicità colta di un linguaggio che è l’appartenenza, che è stato spazzato via e si rifugia indifeso, ora, complice, nell’antipolitica. Nello stomaco dell’anti-se-stesso. Viva la libertà suona infatti quasi come un eufemismo. “Lo sai com’è fatto questo paese” “Alla gente piace anche la merda, ma non per questo bisogna dargliela” “Se i politici sono mediocri, i loro elettori sono mediocri, se i politici sono ladri, i loro elettori sono ladri” (dal film).

La scena si apre teatrale, grigia, con Servillo nei panni di Enrico Olivieri, leader dell’opposizione, che si prepara all’ennesima contestazione pubblica. I sondaggi lo danno per spacciato e anche nel partito i malumori crescono, sempre più decisi a spodestarlo. Enrico, ormai depresso, decide quindi di scomparire. Se ne va di notte in gran segreto a Parigi, da una donna conosciuta vent’anni prima. A Roma, mentre il partito si interroga sulla misteriosa scomparsa del segretario, il suo assistente personale, Andrea Bottini, rintraccia Giovanni, il fratello gemello (sempre magistralmente interpretato da Toni Servillo) che in maniera casuale e divertente, diventa la soluzione al problema spacciandosi per Enrico, senza che nessuno si accorga della differenza, perlomeno fisica. Già perché il fratello è un filosofo, folle e bipolare, appena uscito dal manicomio, autore di un libro intitolato “L’Illusione della realtà”, talmente geniale ed ironico da riuscire a diventare quel leader platonico e poetico che Enrico non sarebbe mai stato, risvegliando anche gli elettori più intorpiditi e conquistando tutti, persino la moglie e le persone più intime. Ve lo immaginate un leader che recita, appassionato, Bertolt Brecht alla sua piazza San Giovanni gremita, commuovendola? Ecco andate a vedere il film per averne idea.

A chi esita. (la Poesia di Bertolt Brecht usata come comizio nel Film)

Dici:/per noi va male. Il buio/cresce. Le forze scemano./Dopo che si è lavorato tanti anni/noi siamo ora in una condizione/più difficile di quando si era appena cominciato./ E il nemico ci sta innanzi/ più potente che mai./Sembra gli siano cresciute le forze, ha preso/una apparenza invincibile. E noi abbiamo commesso degli errori,/non si può più mentire./Siamo sempre di meno. Le nostre/parole d’ordine sono confuse. Una parte/delle nostre parole/le ha stravolte il nemico fino a renderle/irriconoscibili./ Che cosa è ora falso di quel che abbiamo detto?/Qualcosa o tutto?/Su chi contiamo ancora?/Siamo dei sopravvissuti, respinti/via dalla corrente? Resteremo indietro, senza/comprendere più/nessuno e da nessuno compresi?/O contare sulla buona sorte?/ Questo tu chiedi. Non aspettarti nessuna risposta/oltre la tua.

I tempi di questo film sono veloci e vagamente onirici: arrivato alla scena finale speravo dentro di me che fosse effettivamente la conclusione, era il momento giusto per tagliare netto e la doppia interpretazione di Toni Servillo, mediata dal bravo Valerio Mastandrea, ne ha tagliato la pellicola in maniera ancora più precisa, in un sorriso caustico come di chi non ha più identità.

Un viaggio escavatore nella depressione dell’uomo? Forse in una più grande, in una depressione collettiva. La metafora è chiara, agisce per contrappasso, nemmeno tanto velato. L’opposizione in Italia si è flagellata nell’inseguimento della dialettica dell’avversario carismatico, senza mai averne le “doti”, perdendo sul terreno tutti quelli che erano i valori progressisti sul quale era fondata la propria aderenza con la vita delle persone, anzi facendo sì che l’avversario se ne impossessasse, rafforzandosi e li restituisse al panorama politico, svuotati di significato, sminuiti, inutilizzabili. La foto appesa di un altro Enrico, Berlinguer, quasi accusatorio, nella sede del partito, era quel poco che ne rimaneva, come un mito inerte. Cambi di segretari, cambi di nome, cambio di colori, cambio di alleati. La credibilità si è persa nel continuo battibecco pirandelliano (magari) tra la realtà e la finzione con cui abbiamo, tutti, trascinato il Paese in un limbo. Voglio dire che in Italia si è spesso parlato dell’assenza di un “Berlusconi” di sinistra, come fosse una necessità. Per carità. Ecco paradossalmente Giovanni, il fratello di Enrico, pur vestito in maniera assolutamente positiva, veste per un attimo questo sogno aberrante passato per la testa di ognuno di noi e alla fine lo supera! Perché quello che ci era sembrato folle, durante tutto il film, non era un folle, era un politico ideale, anzi erano due, era anche un uomo. I folli siamo noi ed Enrico a non essercene accorti prima.

«Il mio è un messaggio agli italiani: siate onesti, smettete di tingervi» (dal film)

Buon voto.

L’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com’è. In cui tutto scorre per non passare davvero. Se l’Italia avesse cura della sua storia, della sua memoria, si accorgerebbe che i regimi non nascono dal nulla, sono il portato di veleni antichi, di metastasi invincibili, imparerebbe che questo Paese speciale nel vivere alla grande, ma con le pezze al culo, che i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale. (Pier Paolo Pasolini)


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