“L'Italia è un paese di merda”. Per una volta sono d'accordo con l'autorevole detentore del copyright di questa affermazione. Lo penso da parecchio, troppo tempo. Ho cominciato a crederlo nel lontano 1994, quando scoprii amaramente che gli italiani avevano creduto a un ex palazzinaro arricchito, all'epoca ormai magnate televisivo, del quale non si conosceva esattamente (e non si sa tuttora) la provenienza dei capitali utilizzati per avviare la sua spregiudicata scalata alla ricchezza; si sapeva invece qualcosa di più degli appoggi di cui aveva goduto fino ad allora: tra gli altri, quelli di Bettino Craxi e (non è chiaro se volente o nolente) di Oscar Mammì, allora ministro delle telecomunicazioni.L'Italia è diventata, in questi ultimi vent'anni, un paese in cui gli ultimi sono i più disprezzati e causa di tutti i mali, dove sono stati “sdoganati” ex ex-fascisti che dentro sono neri come il corvo (mi scuserà De André), beceri razzisti, imprenditori che autonominatisi “la parte migliore del Paese” che si dimostrano subito privi di cultura e di empatia e gonfi di rancore per tutti gli anni nei quali non hanno potuto fare i propri porci comodi; evasori ed elusori fiscali, puttanieri e corrotti, gente che non sa chi gli ha comperato casa, furbetti del quartierino, tirapiedi della camorra, giornalisti lecchini, escort che la sanno lunga.
Tutta la fauna che, già ben presente, più o meno nell'ombra, nell'Italia del duopolio DC-PCI, può finalmente non solo venire allo scoperto, ma addirittura riscrivere (o meglio, per lo più cancellare) regole e valori e persino revisionare la storia: tutta colpa dei comunisti se l'Italia è ancora indietro rispetto agli altri grandi paesi, i comunisti hannno sciolto il partito ma sono ancora lì, pronti a odiare e a volere il potere assoluto, i giudici sono evidentemente di sinistra (se non gli piacciono), i mali italiani sono tutti dovuti alla sinistra pasticciona, sognatrice, egemonizzatrice della cultura e della scuola, ecologista e negatrice del progresso. Nel mio lavoro ho a che fare con i ragazzi: sono privi di valori, non sentono di avere un futuro e vivono alla giornata, snobbano cultura e istruzione in cambio di un lavoro subito, possibilmente senza troppa fatica e senza dover sudare per guadagnarsi le cose, che i genitori comprano a più non posso in ossequio alla dottrina della spesa che rende più ricchi; sognano di fare le veline, i calciatori, gli ospiti del Grande Fratello e di X Factor, e, nel frattempo vivono fono a quarant'anni alle spalle dei genitori.E un altra parte debole è quella dei lavoratori, costretti a subire continui peggioramenti della loro situazione lavorativa e previdenziale perché si dice che si spende troppo per loro; si licenzia e si delocalizza ma non si fa pagare alle imprese il costo di questi comportamenti, perché la Borsa è il perno dell'economia e della società, tutto il resto è relativo.
Candidatosi ed eletto – disse - per impedire ai comunisti di trasformare l'Italia in una repubblica sovietica, il Presidente del Consiglio promise pure lui una rivoluzione, una nuova era fatta di felicità: lavoro e benessere per tutti, ricchezza a palate, opere faraoniche al nord e al sud (da costruirsi, guarda caso, in gran parte grazie ad amici suoi o ad amici degli amici suoi), ragazze con le doti ben evidenti (almeno inizialmente solo in televisione), addominali scolpiti, calcio miliardario e vincente.Durò poco, ma tornò alla carica ancora più determinato e con più “cattiveria” (in senso sportivo) nel 2001: ponte sullo Stretto, autostrada Salerno-Reggio Calabria, raddoppio dell'A1, Alta Velocità, grandi opere. L'importante, diceva, è spendere senza problemi né freni, anche a credito; garantita dalla sua faccia sorridente e rifatta (e ritoccata nei manifesti) e inserita tra le pause dei film e degli show nella tv di stato, fummo resi edotti della ricetta sicura per l'aumento del PIL e, quindi, della ricchezza di tutti. Purtroppo, per mera sfortuna (chissà di chi) i risultati furono sempre e solo quelli di aumentare il suo personale patrimonio e quello di altri già ricchi. Poi, alla fine della legislatura, ecco il colpaccio: legge elettorale che permette a chi ha il 30-35% dei consensi di ottenere il 55% dei parlamentari, e niente preferenze: chi prende la poltrona lo decide lui.Piccola pausa, di mezza legislatura, dovuta alla effimera vittoria di Pirro-Prodi con l'armata brancaleone del centrosinistra, e poi eccolo vincere ancora. Se possibile la situazione diventa sempre peggio: stavolta arriva il delirio di onnipotenza e impunità, donnine a non finire per sé e i suoi accoliti, non battone di strada ma comunque pagate, non necessariamente con denaro ma sempre con vantaggi economici; forse così la sensazione di potere è maggiore. E poi appalti a tutti gli amici, amici degli amici, parenti degli amici degli amici; si fanno ministri o sottosegretari tutti quelli di cui ha bisogno per andare avanti, nel contesto di un parlamento di fatto nominato e, quindi, comprato per obbedire e tenersi quella miseria di stipendio e di regalie da tutte le parti, quando non anche il frutto di corruzione, persino connivenze, certe o probabili, con la peggiore criminalità.E via con le dichiarazioni folli: Tangentopoli doveva essere evitata perché è stata un male per l'economia; la P2, P3 etc. sono giochi di ruolo o senilità di quattro anziani; con la mafia bisogna imparare a convivere (peccato che a Falcone, Borsellino e Dalla Chiesa non glie l'abbiano detto un po' prima); investire in cemento ci farà tutti più ricchi e famosi; scrivere dei mali dell'Italia è come prendersi a bottigliate sui testicoli; dare la pubblicità ai giornali di sinistra o critici è da evitare; i giornalisti troppo scomodi usano la tv di stato in modo criminoso e devono andarsene, oppure non si paga il canone; l'evasione fiscale in un certo senso è comprensibile; le regole costituzionali vanno riviste perché c'erano anche i comunisti nella costituente; la nipote di Mubarak va affidata a una persona di fiducia, ex igienista dentale, per il bene dello stato.Ecco perché l'Italia oggi è un paese di merda. Chi lo ha detto al telefono sapeva bene di che cosa parlava.
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