Quando hai dodici anni, tutto è disagio. Non stai bene praticamente in nessuna situazione. Sei un po’ grande, un po’ piccolo. Sei là, in mezzo ai tuoi compagni, e non capisci da che parte stare, o da che parte stai. Perché, se hai dodici anni e ti rendi conto che dodici anni sono pochi, allora ti trovi a provare anche un po’ schifo del tuo essere grande, di quegli accenni di maturità che cominci a sentire in te e nei tuoi coetanei. Se invece ti fingi adulto, fai la figura del cretino, e sei comunque un adulto che non può uscire la sera. Quando vedo ragazzini di quell’età, sento la nausea, per tutto il groviglio di problemi antiestetici che quell’età porta con sé. Quel groviglio me lo sento proprio dentro lo stomaco, mi mette quasi fame, e questi piccoli ometti mi paiono eroi, che affrontano una lotta durissima.
Quando in un guaio non puoi trovare nulla di dannato, vuol dire che la situazione fa realmente schifo. E se hai dodici anni, la cosa più dannata che puoi avere è una t-shirt dei Red Hot Chili Peppers.
Però, per mia esperienza, c’è un’altra età che ti tiene in sospeso, che ti fa sentire completo quanto un pasto no-carbs e fresco -giovane- come una mozzarella scaduta. E quell’età la stiamo vivendo ora; la stiamo vivendo io, le mie amiche, quelli che, come me, non possono sentirsi più completamente figli, e sentono che il tempo sfugge tra le mani, hanno ansia di esperienze, di persone, di situazioni nuove.
A un certo punto, ci siamo accorti che l’Università stava finendo, che i nostri amici cominciavano ad abbandonare la città verso nuove prospettive, che molti tornavano nel loro paese d’origine, mettendo la parola fine alle ambizioni un po’ eccessive che solo fino a cinque anni fa sembravano afferrare saldamente.
E così ci è venuta voglia di essere teenager, per scongiurare ogni dubbio sulla nostra identità. E stavolta la nostra -seconda- adolescenza la vivremo con la voglia e l’ansia e la fame di vita di chi ha capito che non c’è tutto il tempo del mondo, e con la difficoltà chi non è abbastanza giovane per sapere tutto. Sentiamo che poi, presto, tutto cambierà. In meglio e in peggio. Ci faremo una casa nostra, una famiglia, troveremo, dopotutto, pure un lavoro. Saremo grandi e sarà per sempre.
Io ho sempre avuto problemi a dare un nome alle cose. Odio farlo. Per me bisognerebbe tacere le cose importanti, le cose che ti senti di tradire, quando provi a chiamarle. Le parole mi piacciono molto, certe parole mi fanno simpatia solo a guardarle stampate. Però, a certe cose non va dato un nome, non le si può costringere in una parola. Ed è per questo che non ci proverò nemmeno, a capire se sono piccola o se sono grande.