Vivere non è facile. Lo canta Vasco, lo pensano tutti. Lo scrivono in pochi.
Come non concordare, su tutta la linea. Viviamo in un mondo in cui le angosce, sotto forma di debiti, sono presenti al nostro fianco. Quotidianamente.
Debiti economici (parecchi ed imposti) a cui non si può sfuggire, pena ulteriore indebitamento fiscale. Debiti morali (religiosi e culturali) che pesano come macigni sulle nostre scelte. Un esempio per andare al sodo? Eccolo: mettere al mondo un figlio al giorno d’oggi è rischioso. Mi spiego ancora meglio. 1) estremamente costoso (oggi più di ieri, specie in caso di divorzio o cause legali annesse). 2) estremamente pericoloso, a livello di incolumità personale. Li leggiamo tutti i giorni i quotidiani, ma proprio tutti, zeppi (e spesso avidi) di violenza senza limiti, del genere che non sembra mai vedere il fondo del peggio. Violenza le cui vittime sono spesso i più piccoli, cuccioli umani (ma anche animali) indifesi che abitano la terra insieme a noi. Bambini, ragazzi e ragazzine e via dicendo. Mi spiego sempre meglio. Parliamo di neonati che volano dalla finestra o abbandonati in auto sotto il sole cocente, adolescenti assassinati in un campo e ritrovati a brandelli solo dopo mesi di infruttuose ricerche, ragazzine strangolate e sepolte in fondo ad un pozzo, gemelline sparite nel nulla (!) dopo che il padre si è suicidato sotto un treno a duemila chilometri da casa, una madre assassinata nel mistero più assoluto mentre il marito e la piccola di due anni giocano nel parco. E cito solo a memoria, anche se potrei continuare per righe e righe.
La cronaca nera domina il palinsesto televisivo (con un certo gusto, date le percentuali di ascolto sempre molto gratificanti) e una trasmissione come “Chi l’ha visto” finisce per diventare una sorta di appuntamento fisso (ed irrinunciabile) della settimana per noi comuni mortali che letteralmente travolti dalla cronaca vorremmo sapere, capire e forse, capirci qualcosa (nel senso riflessivo del termine).
“Chi l’ha visto”, emblema dei tempi moderni in quanto trasmissione televisiva a cui si è costretti ad aggrapparsi, troppo di frequente perché il fatto possa essere considerato normale e fisiologico, per cercare di risolvere delitti efferati e scomparse misteriose. Al di là di quello che le forze dell’ordine riescono (o non riescono) a fare.
Vivere non è facile, appunto, anche e soprattutto per la violenza e la cattiveria che aleggia nell’aria. Nel mondo. Nelle strade. Nei bar annoiati. Negli stadi nervosi. Nei vicoli scuri. Nelle piazze rabbuiate dalla sera e in quelle illuminate dal giorno e pullulanti di degrado culturale e sociale. Sotto i portici d’inverno, quando il sole tramonta. Ai bordi delle statali ma anche di quelle provinciali. Nelle periferie. In un benzinaio qualunque, quando si fa buio. Nelle grandi città, nei pressi delle stazioni ferroviarie e… dovunque non si avverte. Insomma, non datemi del drastico se alla fine, scrivo un ”pò ovunque”. Senza troppe limitazioni.
Ovvio che alla fine noi non cambieremo idea, anche di fronte a questo tetro scenario. Saremo sempre ottimisti. Sdolcinati e romantici anche se fuori moda. Disillusioni per scelta. Sorridenti per necessità e bambini dentro (per sopravvivere, mica per altro). Però, quanto hai ragione Vasco.
Vivere non è facile.
Davvero.
MaLo