Nel caso di Vanetti è il rosso, colore arcaico e originario, primordiale simbolo del sangue, ad aver esercitato un potente fascino. Nella sua opera, il rosso – oscillante tra la rievocazione nostalgica della bellezza e la manifestazione del mostruoso, dell’orrore, racchiuso nel suo passato – si lega al problema della forma, della sua genesi storica e psicologica, del momento in cui dall’indistinto sorge un distinto, una figura, un paesaggio.
“Si avverte – scrive Fornari – una grande nostalgia della Bellezza, insieme alla consapevolezza che questa Bellezza l’uomo contemporaneo la deve riguadagnare con un atto di consapevolezza storica, che non si nasconde le origini da cui questa Bellezza proviene, e non per cancellarla, bensì per renderla vera. Un’ansia di verità che rende i Rossi di Vanetti una testimonianza di autentica vocazione pittorica, di volontà di rinascita dell’arte dei colori dai colori della sua storia”. Diversamente dall’uso di spettacolarizzazione dell’orrore corporeo che certa arte contemporanea fa del rosso, conclude Fornari “i Rossi di Annibale Vanetti ci testimoniano l’esistenza e la resistenza della dignità artistica, e di una dignità umana duramente guadagnata sul terreno storico di un’arte non meno antica dell’uomo, in cui l’umano possa riflettersi e guardare a se stesso”. La mostra, aperta fino al 7 luglio, potrà essere visitata da martedì a domenica, dalle ore 18,30 alle 22,30. Info e contatti:Associazione culturale l’Arco e la Fonte
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