Ci sono scrittori che hanno condotto una vita sregolata e decisamente "sui generis". Essi sono la prova tangibile che il genio si nasconde dietro alla "stranezza", evade da qualunque schema e si rifugia in un comportamento peculiare. Analizziamo dunque alcuni aspetti, poco noti al pubblico, di cinque grandi letterati del passato.
VITTORIO ALFIERI (1749-1803) è stato drammaturgo e poeta italiano, con una passione per le donne dai "facili costumi" e affatto immune dalle malattie veneree. Nel 1775, dopo la rappresentazione della tragedia "Cleopatra", ha pensato di non meritare gli applausi ricevuti e, al fine di migliorare, si è messo a studiare con quell'accanimento che ha reso proverbiale la sua forza di volontà. La leggenda narra che egli si facesse addirittura legare ad una sedia da un suo cameriere, e che ripetesse la celebre frase "volli, sempre volli, fortissimamente volli", contenuta nella "Lettera responsiva a Ranieri dé Casalbigi", scritta a Siena il 6 settembre 1783, in cui il poeta esprime il fermo impegno assunto con se stesso, di compiere ogni sforzo per diventare autore tragico. Una modestia portata ad esasperazione, che diventa ossessione e, infine, sfocia in patologia.
LEV TOLSTOJ (1828- 1910), scrittore russo che è stato anche filosofo ed educatore, pare litigasse di continuo con la moglie pittrice, e che fosse solito a mettere fine a questi alterchi familiari con l'allontanamento da casa. Ironia della sorte, l'unica fuga che gli riuscì, nel 1910, lo portò alla morte. Ormai vecchio, si ammalò durante il viaggio e morì alla stazione ferroviaria di Astapov. "Fa ciò che devi" sono le ultime parole da lui scritte. Tolstoj preferiva la povertà alle "fastidiose ricchezze", e in gioventù era stato innamorato di una ragazza che aveva abbandonato per andare a fare le sue esperienze in giro per l'Europa. Tornato in Russia, si presentò all'amata, ma le preferì di gran lunga la figlia, che sposò qualche anno più tardi. Un Woody Allen degli Urali?
MARCEL PROUST ( 1871- 1922) scrittore, saggista e critico letterario francese, viene ricordato come "l'angelo della notte". Dopo una vita mondana con frequentazioni di salotti alla moda, numerosi viaggi e addirittura un duello al suo attivo, si dette, in seguito all'aggravarsi delle sue condizioni di salute, a vita ritirata che lo portò ad una vera e propria forma di isolamento. Nel 1903 si trasferì al numero 102 del Boulevard Haussmann a Parigi, nel quale fece rivestire le pareti della camera da letto di sughero, per garantirsi un isolamento acustico. Qui si dedicò alla stesura del suo più noto romanzo "Alla ricerca del tempo perduto", nel quale rievocò la sua vita precedente. Egli dormiva di giorno, con le imposte chiuse per evitare la luce, e scriveva di notte, disteso sul letto. Si abbonò al Teatrofono che gli permetteva di ascoltare da casa, attraverso il telefono, rappresentazioni tenute nei teatri parigini. Pare che l'Albertine del suo romanzo, fosse in realtà un autista che egli amava profondamente e riempiva di regali, con quel suo modo malato e tutto personale. Il ragazzo però morì in un incidente stradale, lasciando Proust disperato. Forse un precursore che ha sperimentato una sorta di agorafobia, quando ancora non se ne parlava apertamente?
Personaggi ingabbiati dalla loro stessa mente, che ha saputo però ripagarli con la grandezza del loro genio.
Da un´idea di Altrafedeltà