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Voce del verbo copiare. Quando a farlo sono i futuri avvocati.

Creato il 28 aprile 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Voce del verbo copiare. Quando a farlo sono i futuri avvocati.Una volta erano i giapponesi. A ogni Fiera, convention, raduno, mostra, apertura di negozi e perfino durante i matrimoni era possibile vederli con le loro macchine fotografiche pronti a carpire segreti, particolari, insiemi, modelli, tinte e colori che, una volta rientrati a casa, venivano fedelmente copiati. L’economia giapponese poteva così togliere dalla voce “uscita” il costo dell’idea, dell’elaborazione grafica e della messa a punto del prototipo. La parola d’ordine era: copiare. Poi sono arrivati i cinesi con l’unica differenza rispetto ai giapponesi è che questi ultimi vestivano decisamente meglio. I cinesi sono bravissimi tanto da aver superato, con il passare del tempo, i “copiatori” mondiali per eccellenza: i napoletani. Ma la moda del copiare, che di solito nasconde una povertà di idee e di preparazione da asini matricolati, si sta imponendo in tutto il mondo e riguarda tutto ciò che può essere clonato esclusa la pecora Dolly già clone di per sé. Così assistiamo a veri e propri furti di design, di testi letterari, di opere d’arte, di articoli scritti magari per un blog e copiati senza vergogna su qualche giornale, a cui basta apporre una firma diversa per rivendicarne la paternità e l’originalità. Si copia a scuola (chi non lo ha mai fatto mente sapendo di mentire), in ufficio, negli studi professionali. Perfino i clochard copiano le tecniche di sopravvivenza dai loro colleghi più scaltri. Berlusconi copia Mussolini, Bossi Hyder, Veltroni Obama, Fini Almirante, Cicchitto Craxi, Bondi D’Annunzio, Gianni Letta Papa Giovanni, La Russa Mister Hide, Gasparri Ciccio di Nonna Papera, Bersani Ciccio Ingrassia di “Amarcord” e così via fino a Capezzone che si danna perché non gli riesce di dire “telefono…casa” come ET. In un mondo di copiatori e di cloni senza ritegno è successo che la Procura della Repubblica di Potenza ne abbia beccati 110. La notizia sta nel fatto che non sono senegalesi al servizio dei “creativi” made in Naples, ma aspiranti avvocati. Nel 2007, a Potenza, si tenne l’esame per l’abilitazione alla professione forense. Centinaia i partecipanti e migliaia le prove d’esame da correggere che, come previsto dalla legge, vennero inviate ad una commissione esterna, in questo caso il sorteggio aveva indicato quella di Trento. A Trento accadde che la commissione fece una strage. Centinaia di prove scritte furono annullate e pochissimi i candidati ammessi a quella orale. Motivo dell’annullamento fu che tutti i compiti erano uguali, fotocopie uno dell’altro, cloni vergognosi. A distanza di tre anni, meglio tardi che mai, la Procura ha archiviato l’inchiesta che ne seguì indagando ben 110 candidati “pierini” con il cappello da somaro in testa, dietro la lavagna e lo sguardo rivolto verso il muro bianco. Alla ministra Gelmini, abilitata alla professione proprio da quelle parti, sono fischiate le orecchie e ha impiegato un po’ di tempo per sapere che non rientrava fra gli indagati. Accusare la commissione di essere comunista sarebbe stato davvero troppo, anche se è stato il primo pensiero.

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