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Voci dalla luna di Andre Dubus (Mattioli 1885). Esce il 15 aprile 2011

Creato il 28 febbraio 2011 da Stefanodonno
Voci dalla luna di Andre Dubus (Mattioli 1885). Esce il 15 aprile 2011

“Non sapeva come fosse iniziata. Da qualche parte nella sua mente e nell’anima era come se, in quelle che lui ora – e anche allora qualche volta, anche allora – chiamava le notti faustiane del loro matrimonio, dondolasse in uno stato di ebbrezza fino ad una melodia che aveva sognato. Si alzava dal divano, inscenando la pantomima del marito stanco e ubriaco, salutava, sospirava un buonanotte a Brenda e all’uomo che avevano portato a casa con loro dopo aver fatto il giro dei bar delle città vicine. In quei locali c’era musica, di solito un uomo o una donna con una chitarra, e gli sgabelli vicino al bancone avevano braccioli ed erano imbottiti di pelle. Anche il bancone aveva un rivestimento di pelle davanti, e un lungo specchio dietro, e uomini e donne soli andavano lì a bere e sperare. Ma pochi di loro speravano e credevano di ottenere ciò che lui e Brenda li convincevano a fare. Ah, lavoro di squadra! Lui, Brenda e Mefistofele. Si cominciava parlando a un uomo che era lì da solo. Brenda si sedeva fra lui e Larry. L’uomo all’inizio era cordiale, guardingo ma amichevole e attirato da lei (Larry se ne accorgeva gettando uno sguardo allo specchio, da sopra il bordo del bicchiere). Ma dopo il primo o il secondo bicchiere, gli occhi dell’uomo facevano ancora su e giù lungo lo specchio e verso la porta, perché era venerdì sera e il tempo stava passando e lui era lì, a sprecarlo con una coppia sposata. Oh lentamente, lentamente, correte cavalli della notte. Era il Faust di Marlowe che parlava con il tempo mentre Mefistofele si stava avvicinando. Sì. E il verso era tratto dagli Amores di Ovidio. Sì.

La strada ora saliva alla sua destra, e curvava alla sua sinistra, e lui stava salendo e girando intorno troppo veloce. Smise di respirare, mentre scalava le marce lungo la curva in discesa e si dirigeva a nord. Poi riprese a respirare e rallentò, all’uscita per le spiagge del New Hampshire. Era abbastanza facile, quelle sere. Brenda era bella quanto bastava, così al bancone le era sufficiente dire e promettere davvero poco. Erano gli occhi a parlare all’uomo di turno, e ogni volta che Larry si allontanava per andare al bagno degli uomini – il che avveniva molto spesso – lei toccava la mano dell’uomo, gli mormorava qualcosa e sempre, in seguito, raccontava a Larry quello che lei gli aveva detto, e non si trattava di niente, davvero, quasi mai niente: qualche frase gentile, qualche ammiccamento, le solite cose che ogni donna potrebbe dire a un uomo. Perché Larry lo sapeva: lei non sarebbe stata in grado di dire a qualcuno vieni a casa e scopami più di quanto non fosse capace di cantare un’aria. Poteva danzarla, tuttavia. E Larry sapeva anche, e lei lo ammetteva, che Brenda aveva paura che l’uomo in questione, spaventato, intonasse un niente da fare, signora. E sapeva che, allo stesso modo, o forse ancor di più per questo motivo, Brenda era divertita da tutto quel mistero, di cui lei stessa era la fonte. E dunque gli uomini la seguivano a casa loro, per un ultimo bicchiere.”

[tratto da Voci dalla luna, capitolo quarto]

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