Una reazione (e un errore!) molto comune oggi, data la superficiale – e analfabeta – tipologia di lettura delle vicende pubbliche, è essere indotti a pensare, infantilmente, che, nelle nostre società globalizzate, tutte le questioni siano riconducibili ad un unico centro di potere o di comando, abbattuto o cambiato il quale, ogni problema si possa risolvere e riportare alla normalità! Ma già Michel Foucault, qualche decennio fa, nelle analisi raccolte nel libretto (da rileggere!) La microfisica del potere (Einaudi), ha descritto diversamente le modalità dell’esercizio del potere, nella società complessa. Qui il potere non è mai riconducibile solo a moloch chiaramente individuabili, né tanto meno identificabili facilmente solo con le sue forme più visibili, ma è, invece, disseminato nei capillari che attraversano le nostre vite. La lotta non si può ridurre quindi solo al bombardamento del quartier generale! (anche perché, spesso, il quartier generale, come diceva il vecchio Marx, è solo la facciata di ben altri centri di interesse e di comando..). Dov’è il quartier generale, in un tempo in cui le vere decisioni strategiche, politiche ed economiche, non sono assunte nelle sedi istituzionali (ridotte ormai a non determinanti centri di ratifica), e in cui il rapporto tra politica ed economia è così fortemente sbilanciato a favore della seconda? Vogliamo ricominciare a “pensare” (e a studiare!), insieme, la politica o vogliamo lasciarla ai “politici”, limitandoci a giocare semplicemente l’inoffensivo ruolo di spettatori più o meno arrabbiati e urlanti? Anche perché, sembra, che, in tempi di spettacolarizzazione e personalizzazione della politica, questa forma di partecipazione politica, che si riduce all’azzannarsi per afferrare e spolpare l’osso che quotidianamente viene gettato al pubblico vociante (come si fa con i cani rabbiosi, per tenerli occupati!), sia perfettamente funzionale al mantenimento dello stato presente delle cose! O no?