Dopo 4 anni di blog, e l’ascolto di centinaia di conversazioni in rete, sento arrivato il momento di fare qualche riflessione.
In particolare, una domanda mi frulla in testa insistentemente; è proprio vero quello che si sente insistentemente ‘in giro’, vogliamo veramente trasformare la nostra passione in un lavoro?
La domanda, di per sé quasi retorica, si ripropone oggi un po’ meno ovvia.
In questi mesi ho letto (e scritto) fiumi di parole sull’argomento, però c’è qualcosa che mi sfugge, sembra che la realtà dei fatti non sia proprio quella che tutti dichiarano a gran voce.
Ho come l’impressione, che una buona fetta del popolo dell’handmade non abbia poi tutta questa reale volontà di uscire dalla sua crisalide di bello, piccolo, poco pagato (esente da regole) per trasformarsi in una splendida farfalla con la P di Professione disegnata sulle ali, con tutte le implicazioni del caso, ma che nella sua condizione di né bruco, né farfalla ci si trovi più che bene.
Nonostante da più parti si sbandieri la convinzione che da questo settore possa arrivare del beneficio anche per l’economia del nostro disastrato Paese, quando arriva il momento di concretizzare le idee, mettendo nero su bianco le condizioni per un business tangibile, tanti (troppi) risultano essere un po’ confusi e reticenti ad impegnarsi seriamente per realizzare la loro conclamata aspirazione.
E, spesso, le realtà che nascono sotto questa stella e dichiarando questi obiettivi, danno l’impressione, a chi ha già percorso l’impervia strada dei regolamenti, delle normative, dei notai e commercialisti, di essere ‘accampate’; difficile trovare tra i tanti slogan una concreta identità giuridica o uno straccio di regolamento, richieste di fiducia incondizionata in cambio di ‘intanto dammi i tuoi dati così ti contattiamo quando siamo pronti’.
Vero è che la burocrazia, questo potere oscuro ed imperante, ha il potere di smorzare i fuochi più vivaci, ovviamente solo per chi ha come punto fermo la convinzione che attività serie passino per l’imprescindibile ed assoluto rispetto dei regolamenti, ma sono fermamente convinta che, per ottenere qualsiasi cosa si desideri veramente, la contropartita sia un ferrea, inossidabile, volontà di ottenerla e la ricetta contempla rischio, sacrificio, investimento (di tempo e risorse economiche), qualche insuccesso e una buona dose di fortuna.
Io partirei da questo spunto…Vi basta come riflessione?!
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