«Mentre l'autobus attraversava il deserto, guardavo assonnato i brandelli di nuvole d'argento che si spostavano in cielo, e il mare grigio-verde di sterpaglia spinosa sparsa sulle ondulazioni del terreno e la polvere bianca che il vento sollevava dalle saline e, all'orizzonte, la terra e il cielo che si fondevano, mescolando e annullando i loro colori. La Patagonia comincia sul Rio Negro. A mezzogiorno l'autobus attraversò un ponte di ferro sul fiume e si fermò davanti a un bar. Una donna india scese col figlio. Con la sua roba aveva occupato due posti. Masticava aglio e portava dei tintinnanti orecchini di oro vero e un cappello bianco rigido, appuntato con spilloni alle trecce. Una smorfia di disgusto passò sul volto del figlio mentre la donna trafficava per scendere coi suoi pacchi sulla strada.»*Io avrei voluto essere in quell'autobus, di nascosto, insieme a Bruce. Forse vi ero. Ero cioè quel figlio disgustato da una madre che puzzava d'aglio. Una madre sana, antibatterica, che contrastava ogni mio desiderio edipico.«Mamma, tu puzzi». E allora parto, vo via. Sì, non ti preoccupare mamma, ce l'ho la camiciola. Il problema di fondo è che Berlusconi è ancora vivo. Ma soprattutto: sono vivi e vegeti (e tanti) coloro che sono pronti a rivotarlo. Mamma, no, non ce la faccio: io vo via. Prendo il bus e parto, la Patagonia è ancora senza re.
*Bruce Chatwin, In Patagonia, Adelphi, Milano 1982 (traduzione di Marina Marchesi).