Magazine Cultura
La storia è ambientata a Providence, nel Rhode Island.Maya ha un'agenzia di adozioni che si chiama Filo Rosso, come quel filo che lega ogni bambina - così dice - alla madre a cui è destinata. Bambine. Solo bambine. Perché Maya si occupa di adozioni di bambine dagli occhi a mandorla abbandonate nel loro Paese, dalle loro madri, dalle loro famiglie. Quelle bambine, spesso abbandonate su un gradino o sotto un ponte, sono destinate a diventare - anche se non tutte - bambine felici, amate, allegre e spensierate, lontane però da quella cultura nella quale sono viste come esseri inutili e non desiderati, solo perché femmine.
Ho fatto un segno su una delle ultime pagine nella quale è condensata la realtà che si ha dietro agli abbandoni di figlie femmine in Cina....centocinquantamila neonate abbandonate in Cina ogni anno, forse di più; una politica del figlio unico che prediligeva i maschi; il fatto che in Cina fossero i maschi a ereditare proprietà e denaro anche di antenati morti da tempo; in alcune province (...) si poteva avere un secondo figlio solo se il primo era femmina. "Capisci Charlie?" diceva "Possono tentare di avere un maschio, ma se anche la seconda volta è femmina allora viene abbandonata".
E' questo, in sintesi, il quadro relativo agli abbandoni di bambine in Cina.
L'autrice narra, in parallelo, la storia di coppie che non riescono ad avere figli e quella di donne che sono costrette ad abbandonare le loro figlie in Cina. I capitoli non hanno un titolo ma il loro titolo è un nome: il nome del personaggio, o della coppia, di cui l'autrice intende parlare. Si avverte, in questo modo, il netto contrasto tra donne che soffrono per la loro mancata maternità e che darebbero tutto pur di avere un figlio, le paure di una coppia che è sul punto di decidere per un'adozione, con la disperazione di donne a cui viene strappata una creatura dalle braccia, con l'inganno o che, per necessità, si trovano a dover assecondare gli ordini di un uomo che non ne vuole sapere di un'altra femmina in casa. Si passa da una storia all'altra in un turbinio di sentimenti che rende la storia palpitante. In tutto ciò, tra le coppie, le donne rimaste senza le loro bambine e le piccole in attesa di adozione, c'è anche la storia di Maya che non è solo colei che permette il ricongiungimento dei due capi di quel filo rosso, ma che è una donna, ed una madre. Su di lei non posso dire di più perché svelerei dettagli del racconto che meritano di essere scoperti pian piano dal lettore.
Posso dire che il libro mi è piaciuto e mi ha fatto molto pensare alla mia doppia maternità. Leggendo quelle storie ho rivisto me stessa in attesa, della prima poi del secondo figlio, ho riportato alla mente quelle sensazioni e quelle paure. Ma mi sono anche potuta immedesimare, seppur in parte, in tutte le altre donne di cui si racconta una storia unica e particolare, diversa da tutte le altre seppur accomunata dalla maternità, in un senso o nell'altro, mancata o agognata, conquistata o perduta.
L'unico passaggio in cui sono rimasta un po' perplessa è relativo al fatto che viene raccontato di una donna sola che adotta una di quelle bambine. Sulle prime, a dire il vero, ho anche avuto delle perplessità sulla possibile esistenza di un'agenzia che si occupa di adozioni ma poi, non conoscendo il settore, l'ho preso come un dato di fatto attorno al quale non discutere. Sull'adozione da parte di una donna sola ho delle perplessità...
Quando ho iniziato a leggere questo libro, subito dopo capodanno, non sapevo ancora che avrei partecipato alla gara Monthy keyword reading challenge.
Onestamente, anche quando ho deciso di partecipare alla sfida, non ho pensato di aggiungere questo libro all'elenco di quelli utili per accumulare punti, pur essendo stato letto nel mese di gennaio. Poi, però, mi sono resa conto che in copertina compare il viso di una bambina pertanto c'è un OCCHIO che è una delle parole chiave. Per questo, aggiungo il libro all'elenco di quelli utili per la gara in corso.
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