Del resto la normativa italiana lo permette, se il concentrato, allungato con l'acqua, diventa doppio oppure triplo può essere commercializzato come prodotto in Italia... è infatti al momento obbligatorio indicare il luogo di confezionamento, ma non il luogo di provenienza delle materie prime ...
Ma il problema non coinvolge solo il pomodoro: mentre all'estero viene consumato olio italiano, noi in italia consumiamo olio nordafricano... infatti aumenta anche la percentuale di oli importati, grazie agli sgravi di natura fiscale concessi ai paesi del nordafrica....
E il tonno in scatola? La maggior parte, a pinna gialla viene da Filippine, Papua, Nuova Guinea, Indonesia Australia e Giappone... in pratica poco o nulla di ciò che mangiamo viene interamente prodotto in Italia, e il "Made in Italy" sulla confezione indica il confezionamento e non l'intera filiera e l'origine esatta della materia prima.
In realtà però a me, e penso anche a voi, non importa solamente conoscere lo stabilimento di lavorazione e di confezionamento finale, ma importa anche e soprattutto sapere dove la materia prima è stata coltivata, quali normative ne hanno garantito la qualità, se per la coltivazione sono stati sfruttati bambini o sono stati usati terreni espropriati indebitamente alle popolazioni locali... mi interessa conoscere la filiera perché " pretendo" che se la mia passata di pomodoro è spacciata per "Made in Italy", il pomodoro usato debba parlare italiano e non mandarino... " pretendo" che se la mia nazione è ricca di uliveti l'olio sulla mia tavola debba essere locale e non debba arrivare da oltre confine... " pretendo" di sapere dove è stato coltivato il malto della birra che bevo... " pretendo" una legge che obblighi le imprese a indicare l'intera filiera... " pretendo" o meglio " pretenderei " perché in realtà nulla al momento mi fa ben sperare su una evoluzione delle normativa che ci porti verso la trasparenza attraverso una adeguata etichettatura.