Magazine Cultura
Questa è una delle scene che mi piacciono di più del
Favoloso Mondo di Amelie.
A dir la verità, mi piacciono quasi tutte e lo conferma il fatto che,
periodicament, mi riguardo l'intero film, come ieri sera.
Quando sono stata a Parigi a trovare Gaia, siamo andate
al Cafè des 2 Moulins. Bellissimo, mancava solo il caschetto nero
di Amelie gironzolare tra i tavoli!
A volte vorrei che la vita fosse così colorata e magica.
Non che a volte non mi succeda di provare alcuni amelismi
(scusate, concedetemi il termine), ma vorrei che fosse sempre
così. Invece a volte, è un po' troppo buio dentro per provare sensazioni
leggere e belle, per cogliere aspetti della realtà che sembrano richiamarsi
l'un l'altro con una semplicità disarmante.
Quello che mi piace di più del film e, penso si ricolleghi a questo,
è che Amelie vive con un senso di totalità, quella totalità che, secondo
Bachtin, la civiltà moderna ha perduto con l'avvento della divisione del lavoro
e dell'autocoscienza. Per l'autore, se il mondo dei classici
è "una totalità integrata e unitaria di valori", nella modernità
non esiste più correlazione tra vita interiore e realtà esterna.
Quindi, aggiunge Bachtin in Epos e romanzo,
l'aspirazione alla totalità, nella nuova epoca, può esser vissuta solo in termini
problematici, come conflitto e scontro.
Ecco, questo conflitto che pur il personaggio di Amelie vive nel rapporto
con la famiglia, nel confronto con gli altri, con l'altro sesso,
(e dunque con sè stessa),
è risolto non in chiave tragica ma comica,
nel senso che alla fine la storia si chiude con la riconciliazione
della protagonista con la società.
Tutte le sue aspirazioni iniziali vengono soddisfatte: Amelie fa felici le persone,
crea dei legami, s'innamora e si concede perchè lei "non ha le ossa di vetro".
E si lancia.
Amelie coglie questa totalità degradata con un senso favoloso,
da qui il titolo del film. Il suo modo di guardare le cose,
per quanto sia profondo e altruista, non le permette, però,
di prendere coscienza di sè stessa.
Amelie sa ciò che le piace, ma non sa ciò che vuole.
Perciò l'incontro con l'Uomo di Vetro diventa determinante
nel suo passaggio da irreale personaggio di una favola a problematico
personaggio moderno in conflitto con la realtà.
Egli la fa riflettere su sè stessa, attraverso la ragazza al centro del quadro
che sta dipingendo, una copia dalla Colazione dei cannottieri di Renoir.
Il film mi piace per questa dialettica tra favola e realtà ch,
prima esistono indipendenti, poi si scontrano e infine si uniscono.
(Manuela Raganati, da Melting Minds, pubblicato il 5 luglio 2009:
dedicato a Lady Revolution di PopCorn E Cioccolato
perchè oggi mi ha fatto ripensare a questo vecchio post su
Amelie!)
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