La raccolta antologica di questi racconti scaturisce da un’idea di Damster Edizioni, che – nell’ambito di un concorso letterario – ha sollecitato fantasia e sensibilità di autori a trarre ispirazione dalle canzoni di Vasco Rossi, per selezionare ventisei “storie spericolate”.
Tutte dedicate o semplicemente derivate dal controverso e idolatrato rocker di Zocca, che anche in questi giorni fa tanto parlare di sé: si tratti di esternazioni su Facebook, di litigi mass-mediatici con Ligabue, di polemiche con esponenti politici su temi antichi come la liberalizzazione delle droghe o anche solo dell’apprensione che causano ai fan le notizie sulle sue condizioni di salute.
Io, che amo la musica classica, non sono mai stato uno scalmanato fruitore della sua musica. Eppure conosco la sua produzione e molte sue canzoni (principalmente le struggenti ballate) sono entrate a far parte del mio vissuto: vuoi perché hanno segnato alcuni momenti della mia gioventù, vuoi perché hanno indotto mode o fenomeni di massa che hanno catturato il mio interesse.
Certo è che, leggendo i racconti che compongono questa “summa”, ho fatto alcune riflessioni. Una di ordine sociologico, l’altra di carattere più personale.
Vasco Rossi ha bucato, in modo trasversale, un trentennio: è emerso come voce di protesta e di dissenso nei plastificati anni ottanta, ha cavalcato gli anni novanta contrapponendo concerti e favorendo la formazione di gruppi “reali” in un decennio nel quale si sono affermate le relazioni virtuali e immateriali del web, ha resistito in modo personale alle escatologie dei primi anni del secondo millennio, interpretandone le inquietudini.
Secondo pensiero: che straordinaria varietà di reazioni suscitano i suoi versi e le sue note! Basta leggere alcune righe, a campione, dell’antologia per avere la sensazione del complesso spettro di emozioni e reazioni sventagliato dalla rock-star emiliana.
E veniamo alla title-track, brevemente commentata.
Ne “I disuguali”, Maria Ambrosio combina spunti autodistruttivi a una prescrizione per reagirvi.
Alessandra Bacchiocchi ci colpisce “Dentro”: con l’immagine di un vinile che suggella una doppia fine.
“Brava Giulia”, dice Simona Barba Castagnano, e fornisce il suo decalogo rock, immaginando un incontro con l’artista.
“Un’alba, Chiara” conferma a Valeria Bissacco che la musica scandisce le epoche della vita.
Rodolfo Cernilogar è alle prese con un rovinoso inizio di settimana. Così esclama “Odio i lunedì”, fuoriuscendo dal suo delirio onirico.
Andrea Cioni è impegnato in un sofferto andirivieni tra l’anno 1984 e il 2004 nel suo noir (possiamo definirlo così?) “1984, il signor Giusti” .
Bello come una poesia ermetica, “Inverno e allucinazioni … Vivere”, il racconto-poesia di Gabriele Curvietto è un inno alle contraddizioni della vita.
“L’estraneo” di Monica Donati è un sogno d’amore in chiave fantasy: basta rinunciare all’eternità, per possederla.
Dopo il mio “Bollicine di gioventù”, Manuela Fiorini in “Tu dormi”, uno dei miei racconti preferiti, dimostra quanta dolcezza possano indurre le canzoni di Vasco Rossi. Le celebrate proprietà terapeutiche della musica, credetemi, non sono soltanto una credenza popolare.
“Ghiaccio e …” di Pina Ianiro fonde passione per lo sport e per la musica in una storia che incarna le diverse sfumature di un sentimento.
Un “Toffee” può essere la rappresentazione naif di una donna che garantisce autenticità al proprio sentimento preservandolo da ogni gabbia o convenzione? Lara Laino sembrerebbe pensarla proprio così in “Come un toffee” …
Con umorismo W.I. Left ci regala la parodia di “Alfredo” a partire dalla … rottura dell’elastico delle mutande! A lui il grosso merito di spezzare la sequenza di racconti impegnativi (non che creare una storia ironica non lo sia!) e/o drammatici.
Lorena Lusetti ci fa riflettere: “Jenny” ripropone un difficile tema. Dietro alla pazzia o a comportamenti aggressivi c’è sempre un trauma, una violenza o un’esperienza dolorosa.
Tiziana Merli dipinge “Erika, una donna come tante altre”, pronta ad approfittare di un’occasione che il caso le offre per sentirsi ancora viva. E per mettere in discussione la propria vita.
Nella relazione tra Susanna e Massimo, in “Dormi, dormi” di Ilenia Miglietta, ho letto un’atmosfera alla Bergman. Racconto non facile, ma stimolante.
Anche Maura Monari garantisce alternanza di tonalità: “Looking for … Vasco” è una piacevole parentesi, una storia di ordinaria gioventù, della serie: a volte un evento casuale può sovvertire le premesse di una giornata nata male.
Marcello Ratti con “Racconti di un vecchio passante” conferma quanto dicevo in premessa: tra i fan di Vasco Rossi, non ci sono soltanto “sconvolti”. Molti di loro sono semplicemente innamorati della vita.
Claudia Rinaldi compone, con un collage di canzoni, “Va bene così”, una storia personale sulla tensione che probabilmente accomuna giovani e meno giovani: quella di conciliare il profilo professionale (sempre dopo averne agguantato uno, ammesso che oggi sia ancora possibile) con quello esistenziale.
Massimo Salvadori sperimenta una prosa davvero inconsueta: “Ormai è tardi (… o forse no)” è originale, anche per la connessione che crea con la musica del nostro protagonista.
Andrea Salvatori penetra “La parete dall’altra parte” per un’autoanalisi condotta al ritmo di canzoni da cantare insieme agli altri. Chi non se le ricorda le cassette TDK e l’autoreverse?
Con un salto di tecnologia, Marco Scansani in “Vasco & rinasco” afferra l’mp3. Condivido la perplessità sull’estetica di alcuni versi tipo “mi viene il vomito”, ma – concordo – è tutta questione di chiavi e serrature! Bella descrizione della magia di un concerto nel quale essere, per un incanto, protagonisti sulla scena.
Dopo aver letto molti racconti di quest’antologia, Roberto Scudeletti dimostra che la “Vita d’Alfredo”, una vita vigliacca all’insegna di una formula deteriorata di “sesso, droga e rock and roll”, non riserva davvero le sensazioni forti che altri personaggi delle nostre storie suscitano.
Nicola Skert mi ha sgomentato con una storia carica di rabbia violenta. “Otto” rappresenta un estremo nel ventaglio delle sensazioni di cui parlavo in premessa.
In “Come un’alba” Marilena Tealdi concretizza la sospensione di un amore giovanile rimasto inespresso per tanti anni. Per poi riconfinarlo in un sogno.
La rassegna si chiude in bellezza con gli studenti di Francesca Tombari che cercano la libertà in “Ma cosa vuoi che sia una canzone” e si aggrappano ai versi di “Vita spericolata” per inseguirla, fino in fondo, contro ogni repressione di una spietata dittatura.
Come ho cercato di evidenziare, ce n’è per tutti i gusti. Ciascuno potrà selezionare i propri “brani” preferiti. In fondo il bello di un’antologia è proprio questo … è come un cd o una compilation … se una canzone non è di nostro gradimento, la possiamo saltare a pié pari, se un “pezzo” piace lo possiamo riascoltare (ops, rileggere!) … come ho fatto io con i racconti che ho preferito.