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Inutile dire che la soddisfazione è enorme, e vedere scritto il mio nome e cognome sulle pagine di VOGUE.it è una cosa meravigliosa.
"C’erano donne come Silvana Mangano o la principessa Pallavicini o la contessa Crespi. Eleganti e meravigliose, sempre. E ora? Cammini in centro e vedi solo pizzerie e donnone con l’ombelico scoperto, lo slip che spunta come l’orrida spallina del reggiseno, lo stivaletto a spillo bianco, per carità. I jeans tutti rotti. Che fascino è mai questo? Icone oggi? Nessuna."Chi parla non è l’anziano seduto al bar a giocare a carte, ma un signore che a ventisette anni è stato definito da Christian Dior “il miglior creatore della moda italiana”:Roberto Capucci. Nato a Roma nel 1930, Capucci è una sorta di enfant prodige della moda italiana. Nel 1950, dopo aver frequentato il Liceo Artistico, l’Accademia di Belle Arti, inaugura a Roma il suo primo atelier. Il debutto internazionale avviene nel 1951 quando, ufficiosamente, partecipa alla prima edizione delle sfilate collettive di moda italiana organizzate a Firenze, realizzando degli abiti per la moglie e le figlie dell’organizzatore.Neanche a farlo apposta, questa non-partecipazione, si trasforma in un enorme successo. Giornalisti e compratori rimangono incantati dall’eleganza delle signore ed oltre ad articoli entusiasti, seguono sterminati ordini di abiti. La sua prima partecipazione ufficiale alle sfilate fiorentine avviene nel 1952. Già dalle sue prime creazioni emerge lo spiccato interesse per la sperimentazione, per le geometrie e per i volumi che nascono dall’attenta osservazione di opere d’arte, dall’ascolto di una melodia ma soprattutto dalla natura in ogni sua espressione, sia essa una foglia, un fiore appassito, il volo di un uccello, un mare in tempesta. L’abito più conosciuto di questo periodo è senz’altro il Nove Gonne, creato nel 1956, un semplice abito in taffetà rosso circondato da nove gonne concentriche tagliate sul davanti e lasciate scendere a strascico nella parte posteriore. Per la realizzazione di questo abito, lo stilista è stato ispirato dai cerchi prodotti da un sasso lanciato nell’acqua. Nel 1958 Capucci è insignito di un premio molto importante per uno stilista, l’Oscar della Moda per la creazione della Linea a Scatola che, in netta antitesi con il gusto dell’epoca, modellava corpo e spazio con forme geometriche. Capucci concepisce il suo lavoro come una ricerca su forme e volumi senza l’ossessione di dover sottolineare o nascondere il corpo e dare quindi una propria indipendenza al vestito. Non si tratta, però, di andare contro al corpo ma di non limitarne la femminilità alla forma. Nel 1962 si trasferisce a Parigi dove apre un secondo atelier. Negli anni parigini le sue creazioni diventano più complete e complesse dal punto di vista tecnico: un esempio è un cappotto bianco e nero fatto di nastri di seta intrecciati tra loro in modo da creare un effetto ottico che richiama laPop Art, il tutto arricchito da piume di struzzo nere. In quegli anni sperimenta l’uso di materiali insoliti come la plastica, il plexiglass, il metallo, le fibrehi-tech. Conclusa l’esperienza parigina, nel 1968 torna in Italia e continua le sue sperimentazioni che danno vita a una nuova fase stilistica anche grazie all’uso di materiali insoliti come la paglia, la rafia e i sassi, il tutto accostato sempre all’uso di sontuosissimi tessuti. Qui i suoi abiti iniziano la loro trasformazione in qualcosa di completamente diverso dalla moda che porterà alla necessità di una maggiore autonomia e al distacco dalle strutture istituzionali.Capucci, infatti, non farà più sfilare i suoi abiti secondo il calendario dell’alta moda italiana, ma i suoi show si terranno solo quando lui stesso lo riterrà opportuno e, soprattutto, in luoghi ogni volta differenti, girando così tutto il mondo.Si dedica, quindi, a tempo pieno alla ricerca artistica abbandonandosi completamente a forme fantastiche fatte di sovrapposizioni, di ventagli, di petali e di trionfi barocchi che porteranno alla creazione di nuove "sculture da abitare"
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