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Voi
dovete avere comprensione per il povero Parolin, perché, col
definire «una
sconfitta per l’umanità»
il risultato del referendum che consente il matrimonio tra due
irlandesi dello stesso sesso, si è preso l’ingrato
compito di dire a nome di Bergoglio quello che Bergoglio ha pensato
bene di non dire di persona, per non guastarsi l’icona che finora è riuscito a rifilare ai cretini.
Pensateci: quando mai si è visto intervenire un Segretario di Stato
a stigmatizzare che in Cile fosse legalizzato il divorzio o in
Uruguay l’aborto?
Roba che spetta alla Conferenza episcopale di quei paesi, ai
responsabili delle Congregazioni e dei Pontifici Consigli di
pertinenza, e poi a qualsiasi tonaca abbia voglia di dar aria alla
dentiera, come d’altronde
sta accadendo anche in questa occasione, ma in casi come questi, solitamente, il Segretario di Stato lascia dire, e tace, perché i suoi compiti sono altri, e cioè quelli che trovate elencati nella Costituzione Apostolica «Pastor
Bonus» (39-47), e che in sostanza ne fanno la cinghia di trasmissione tra il
Pontefice e la Curia, verso l’interno,
e il plenipotenziario nel disbrigo delle relazioni internazionali,
verso l’esterno.
Nel decidere che proprio a Parolin spettasse esprimere l’opinione
più severa su quello che è accaduto in Irlanda, con
quanto di irritante potesse provocare in quanti hanno
giudicato positivamente l’esito del referendum, e di consolatorio in quanti
l’hanno
giudicato negativamente, c’era
il chiaro intento di dare a intendere a questi ultimi che «una
sconfitta per l’umanità»
fosse il giudizio di Bergoglio, risparmiando nel contempo una delusione ai primi,
se così cretini da essersi fin qui illusi che questo papa è un libertario che con la copertina del Malleus maleficarum ci fa i filtri per le canne.
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