La mutazione relazionale da parte del marito è senza dubbio l’architrave del film e permette di lasciarsi andare a congetture che in soldoni riguardano o riguarderanno tutti noi, senza dimenticare che grazie alla prova attoriale di Theodór Júlíusson la sua metamorfosi da uomo rude e scontroso a coniuge premuroso e disponibile al sacrificio (anche il più estremo che si possa pensare) instilla della tenerezza in un’opera che non ha come obiettivo principale quello di coinvolgere emotivamente chi guarda. Rúnarsson è capace nel rendere credibili i cortocircuiti tra vita-morte-amore e in aggiunta si applica nel caricare l’idea dell’isola abbandonata trentasette anni prima a causa di un’eruzione vulcanica (il prologo significativo inanella immagini di reperto sull’argomento) come una specie di Eden perduto, un’oasi che si può guardare da lontano (mentre si affonda!) o dove si va a riposare, per l’eternità. Purtroppo per Rúnarsson coloro i quali guarderanno Volcano dopo aver visto Amour(2012) non rimarranno particolarmente colpiti dall’agghiacciante gesto di Hannes che invece avrebbe tutte le carte in regola per ammutolire lo spettatore, questo perché Haneke, sicuramente senza farlo di proposito, ripete nel suo film la medesima sequenza con Trintignant la cui condotta è mossa da sentimenti e motivazioni completamente identici a quelli del suo collega islandese. L’effetto viene perciò depotenziato dalla sensazione di “già visto”, ad ogni modo cercando di riappropriarci della verginità che Haneke ci ha tolto, la dolorosa conclusione ha una coerenza che convince e che fortifica un percorso umano: dall’eutanasia per odio (verso di sé) all’eutanasia per amore (verso l’altro).
La mutazione relazionale da parte del marito è senza dubbio l’architrave del film e permette di lasciarsi andare a congetture che in soldoni riguardano o riguarderanno tutti noi, senza dimenticare che grazie alla prova attoriale di Theodór Júlíusson la sua metamorfosi da uomo rude e scontroso a coniuge premuroso e disponibile al sacrificio (anche il più estremo che si possa pensare) instilla della tenerezza in un’opera che non ha come obiettivo principale quello di coinvolgere emotivamente chi guarda. Rúnarsson è capace nel rendere credibili i cortocircuiti tra vita-morte-amore e in aggiunta si applica nel caricare l’idea dell’isola abbandonata trentasette anni prima a causa di un’eruzione vulcanica (il prologo significativo inanella immagini di reperto sull’argomento) come una specie di Eden perduto, un’oasi che si può guardare da lontano (mentre si affonda!) o dove si va a riposare, per l’eternità. Purtroppo per Rúnarsson coloro i quali guarderanno Volcano dopo aver visto Amour(2012) non rimarranno particolarmente colpiti dall’agghiacciante gesto di Hannes che invece avrebbe tutte le carte in regola per ammutolire lo spettatore, questo perché Haneke, sicuramente senza farlo di proposito, ripete nel suo film la medesima sequenza con Trintignant la cui condotta è mossa da sentimenti e motivazioni completamente identici a quelli del suo collega islandese. L’effetto viene perciò depotenziato dalla sensazione di “già visto”, ad ogni modo cercando di riappropriarci della verginità che Haneke ci ha tolto, la dolorosa conclusione ha una coerenza che convince e che fortifica un percorso umano: dall’eutanasia per odio (verso di sé) all’eutanasia per amore (verso l’altro).
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