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Voleva una vita spericolata (7). Leonard Cheshire e la sua strada.

Da Paolotritto @paolo_tritto
Voleva una vita spericolata (7). Leonard Cheshire e la sua strada.La Regina Madre inaugura Le Court. Leonard Cheshire Disability Archive, 1955.

(Continua dalla Sesta parte)

A proposito del bombardamento atomico su Nagasaki, Alenka Lawrence chiese al bombardiere Leonard Cheshire se avesse qualche rimorso. "Non ho un senso di colpa" rispose. "Certo, sento rammarico, profondamente: chi vorrebbe mai trovarsi a uccidere dei civili? Ma, ripeto, non c'era alternativa". Non aveva tutti i torti, è proprio questa l'assurdità della guerra. "Una mia idea" proseguì, "era che si sarebbe potuto bombardare con più accuratezza - nelle notti serene - ricorrendo a un altro tipo di marcamento. Quando mi trasferirono alla 617 a squadriglia, quella dei Dambusters, riuscimmo a dimostrarlo. Usando la picchiata invece del volo radente, e posto che il tempo non fosse nuvoloso, un'avanguardia di marcatori specializzati poteva segnare l'obiettivo con tale precisione che poi il bombardamento non faceva altri danni. [...] Non potevamo permetterci di pensare troppo alla popolazione civile, non potevamo esitare, pena un danno maggiore. Quando si è in mezzo a una contraerea furiosa, non si vede alcun essere umano. Si sa perfettamente che si deve concentrare la mente a superare questa barriera di fuoco e sganciare le bombe sul bersaglio. Non c'è tempo per nient'altro, non ci si può distrarre a riflettere sulle vittime della guerra. I dubbi, come la paura, vanno respinti".

Cheshire dice di non aver avuto rimorsi. Non si può negare, però, che la sua esistenza risentì pesantemente degli effetti di questa terribile esperienza di pilota bombardiere. La guerra era finita, ma doveva fare i conti con la realtà. Era stato testimone diretto dell'apocalisse atomica, aveva visto con i suoi occhi come era cambiato il corso della storia, aveva avvertito sulla propria pelle tutto il nichilismo della sua epoca. E a tutto questo doveva aggiungersi anche la fine del suo matrimonio con Constance, che non aveva retto alla distanza, quando fu spostato sul fronte orientale. Leonard non stava affatto bene. La RAF lo fece ricoverare in un ospedale psichiatrico per "disordine affettivo". Ciò significava purtroppo essere "scartato" dall'aeronautica. Nonostante il valore dimostrato a bordo dei bombardieri, nonostante l'alta onorificenza della Victoria Cross, la sua carriera come pilota di aerei era giunta al capolinea. Non era comunque la mancanza di prospettive professionali che pesava sulla sua vita. La guerra, pur nella sua crudeltà, aveva rappresentato la possibilità di vivere la propria vita come parte di un gruppo. Leonard avvertiva allora che non sarebbe riuscito a vivere prescindendo da una dimensione comunitaria.

Il giornalista Carlo Cavicchioli, in una commossa nota introduttiva al libro della Lawrence C'è Dio in tutto questo?, lo spiega molto bene: "Questo spirito collettivo - di mutua sollecitudine, tesa a grandi propositi - sembrò a Leonard Cheshire un frutto pregevole della guerra: qualcosa che si doveva preservare e coltivare con pari dedizione in tempi normali, una volta deposte le armi. E quando la pace fu tornata, ci provò, creando a proprie spese, anzi, gettandovi tutto quanto possedeva, una comunità di ex combattenti. Pensava che sarebbe divenuta un modello: un'ispirazione per tutto il Paese a operare beneficamente, nel medesimo clima di fratellanza che questi uomini avevano conosciuto durante il conflitto e che aveva avuto un ruolo decisivo nel garantire loro la vittoria. Ma non funzionò. Gli eroi che tornano dal fronte all'esistenza normale non sono più tali. Sono degli alienati, emersi da un altro mondo con un fardello greve di memorie e nozioni che li ostacola nel riadattarsi, perché la società rimasta a casa e ansiosa di ricominciare come prima non ha alcuna voglia di spartirlo. Quindi o se ne sbarazzano, o restano degli esuli perpetui. La comunità di Cheshire durò poco. I membri se ne andarono uno dopo l'altro e lui si ritrovò solo, carico di debiti, nella vasta residenza chiamata "Le Court", privata, intanto, anche della corrente elettrica. La sera meditava e leggeva al chiaro d'una lucerna a petrolio. E non sapeva capacitarsi. In quel vuoto, sull'orlo d'un esaurimento, strane, nuove riflessioni gli affollavano la mente. Se Dio - al quale aveva cominciato a pensare - lo aveva risparmiato in mezzo a tanti, traendolo indenne, incredibilmente, da cento e passa missioni di guerra, doveva pur avere un disegno per lui".

Quale fosse questo disegno non poteva certo saperlo un uomo nella confusione del suo "disordine affettivo" come era Leonard in quel momento, che tra l'altro non sapeva come tirare avanti a Le Court, la sontuosa residenza nell'Hampshire che sprofondava tra i debiti. Ma un giorno squillò il telefono. Chiamavano da un ospedale poco distante perché avevano un malato terminale che doveva essere necessariamente dimesso - era ormai soltanto un costo per la struttura, senza alcuna speranza di tornare a una vita attiva - ma non sapeva dove andare. Il suo nome era Arthur Dykes, un malato di cancro che non aveva né casa né nulla, nemmeno un posto dove andare ad aspettare la morte. Gli avevano chiesto chi si sarebbe potuto prendere cura di lui ma il povero Arthur non aveva parenti o amici. Gli era passato per la testa soltanto il nome di Leonard Cheshire al quale l'infermiera appunto telefonò per verificare la disponibilità.

Era il 22 maggio 1948. In quel momento Cheshire non si trovava nelle condizioni di accogliere alcuno, tanto più qualcuno bisognoso di tutto; non poteva comprare medicine e nemmeno il necessario per mangiare. Ma, forse senza sapere nemmeno perché, Leonard aprì la sua porta a quel derelitto, con l'unica possibilità di sfamarlo con qualche verdura che si poteva raccogliere nel giardino. Non poteva prevedere che appena un anno dopo saranno già ventiquattro gli ospiti della residenza di Le Court, particolarmente disabili di cui il sistema sanitario non si prendeva cura. Fu proprio l'imprevedibilità di quello che accadeva a spingerlo nel proposito di andare avanti. Già da subito, per esempio, il povero Dukes fu felice di spendere i pochi soldi della sua pensione - appena sei sterline al mese - per le necessità della residenza. Inaspettatamente, cominceranno ad arrivare in tanti per donare un po' di cibo. Addirittura, portarono un intero furgone di mobili per l'arredamento.

C'era, però, anche tanta gente intenzionata a far recedere Leonard dal suo proposito, a cominciare dalla famiglia Cheshire. E bisogna dire che l'impresa non sarebbe stata poi tanto difficile se lo stesso Leonard era scettico riguardo a quello che gli stava capitando sotto gli occhi; temeva, non senza ragioni, che potesse finire nello stesso vicolo cieco in cui era andato a cacciarsi con la comunità degli ex combattenti. Con la quale, lo spericolato Leonard Cheshire si era lasciato accecare dall'idea di fare qualcosa che potesse cambiare radicalmente la sua vita personale e quella del mondo intero. "Furono gli anni più turbolenti della mia esistenza" disse - eppure di esperienze turbolente il pilota bombardiere doveva averne già parecchie alle spalle. Quella esperienza comunitaria scaturiva da un profondo disagio: "mi accorsi che non sopportavo la solitudine". Il rimedio non fece che aggravare la sua situazione; "il progetto non era realistico" riconobbe. Confidò ad Alenka Lawrence: "Al principio quel che cercavo era una grande crociata, qualcosa di planetario, tale da cambiare il funzionamento del mondo. Ma non trovai niente, si capisce".

Si accorgeva che tutto questo, anche nel caso avesse avuto successo, non poteva bastare alla sua vita. "Condurre un'esistenza onesta è cosa buona, ma non basta. Io volevo sapere qual è il significato della vita, che cosa avviene dopo la morte, quali mezzi si debbono impiegare per realizzare il proprio destino. Chi è Dio? Che cosa vuole da noi?" Ma se una pretesa rivoluzionaria fu la ragione del fallimento della comunità con la quale lo "spericolato" Cheshire voleva "cambiare il funzionamento del mondo", nello stesso tempo questa fu, paradossalmente, la ragione del successo di ciò che di nuovo stava accadendo alla residenza di Le Court.

Fu proprio dal "derelitto" Arthur Dykes che, sorprendentemente, arrivarono le risposte alle domande sul proprio destino, su Dio. Fu una sorpresa, perché il povero Arthur aveva ormai abbandonato la sua fede cattolica. Nonostante ciò, sapeva ancora ripetere a memoria le formule del catechismo come le aveva imparate da bambino. Le sue risposte impressionarono fortemente Leonard che ricorda: "Se, per esempio, gli domandavo: "Come spieghi la sofferenza?", lui replicava, all'incirca: "La spiegazione è nella croce". Ora, io non dico che quel concetto mi fosse già chiaro; ma era il tipo di risposta che va dritto al cuore, e ben diverso dalle riflessioni teologiche che mi offrivano gli altri. Gli chiesi: "Qual è lo scopo della vita?", e lui mi disse: "Amare e servire Dio in questo mondo, Leonard; e nell'altro mondo stare con lui nella sua casa". Lo diceva in una maniera molto attraente, semplice e persuasiva. Non aveva malizia, non era nella sua natura. Forse veniva da una famiglia contadina dell'Irlanda. I discorsi gli sgorgavano dall'animo". L'incontro con Arthur fu certamente determinante per avvicinare Leonard Cheshire alla fede cristiana. Ma giovò anche a un riavvicinamento dello stesso Arthur verso una fede che aveva smarrito. Un giorno Leonard gli chiese cosa pensasse della celebrazione della messa. Arthur ebbe allora un moto di nostalgia: "Oh, sapessi che pace ti lascia dentro" ripeté più volte.

Arthur Dykes morì appena tre mesi dopo il suo arrivo a Le Court, ma quel poco tempo bastò per cambiare definitivamente la vita di Leonard Cheshire. "Arthur morì verso mezzanotte" ricordava l'ex bombardiere ad Alenka Lawrence, "e prima di rivestirlo, seguendo le istruzioni che avevo avuto, bisognava lasciar passare tre ore. Nell'attesa, seduto a vegliarlo, presi in mano un libro e cominciai a leggerlo. Era Un solo Signore, una sola fede di Vernon Johnson, eminente predicatore anglicano, divenuto cattolico con una conversione assai clamorosa. Quel testo mi spiegava le ragioni; e procedendo nella lettura io mi dicevo: "Ecco, è questo che cercavo". Per la prima volta sentivo la Chiesa cattolica esprimere in proprio quel che aveva da dire; perché fin lì avevo solo ascoltato parole d'altra gente. Ed era dello stesso tipo di certezza che avevo percepito nella famosa sera al pub". Il riferimento è a una serata passata in compagnia degli amici, uno dei quali gli metterà in mano un altro libro che avrebbe fortemente influenzato la sua vita: Le lettere di Berlicche di Clive Staples Lewis.

Questi dialoghi con Arthur misero addosso a Cheshire una certa inquietudine. Che fare? Il suo temperamento lo spingeva, come sempre, verso le azioni più temerarie. Anche dalla fede si sentiva spinto verso una vita spericolata. Cominciò, così, ad accarezzare l'idea di penetrare clandestinamente in Unione Sovietica, dove era vietato professare una fede religiosa, con l'obiettivo di farsi arrestare. Pensava che in questa maniera Stalin lo avrebbe fatto rinchiudere in un campo di concentramento e in quel posto lui avrebbe avuto gioco facile nell'evangelizzazione dei prigionieri. Si capisce bene, con questo, perché la famiglia fosse preoccupata per lui e lo invitasse a tornare alla vita normale. Leonard, del resto, non sapeva nemmeno lui cosa fare precisamente. Ma anche in questo trovò utili le parole del Vangelo. Lo colpì una frase che Gesù disse a Nicodemo: "Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito". Per Cheshire questo poteva voler dire che doveva, semplicemente, aspettare di vedere quale direzione prendesse il vento, una cosa abbastanza naturale, del resto, per un pilota dell'aviazione.

Tra i parenti che cercavano con maggior insistenza di dissuaderlo da questi propositi, vi era sua zia Edith. Come tutte le zie del mondo, però, Edith non sapeva tenere la bocca chiusa. Un giorno ebbe l'infelice idea di manifestare al suo portinaio l'esasperazione per il comportamento del nipote che, secondo lei del tutto irresponsabilmente, trascurava le cose importanti della vita per seguire la chimera di una residenza dove fare accomodare le persone bisognose. La confidenza non fu priva di conseguenze perché il portinaio, prescindendo dai giudizi malevoli della signora Edith, era proprio quello che voleva sentirsi dire in quel momento. Aveva l'urgenza, infatti, di trovare un posto dove piazzare la nonna della moglie. La poveretta, con i suoi 93 anni, era in cattivo stato di salute e non poteva nemmeno contare sull'assistenza del marito il quale era ancora più malridotto in un letto d'ospedale, essendo stato colpito da un brutto ictus. Anche in questo caso squillò il telefono di Leonard Cheshire. Con il probabile disappunto della stessa zia Edith, Leonard diede la sua disponibilità ad accogliere la signora ultranovantenne. Così, l'anziana parente del portinaio, a bordo di un'ambulanza e con un vistoso cappellino sulla testa, si presentò anche lei alla residenza di Le Court.

Lo stesso fece un uomo, sofferente di tubercolosi, incontrato al funerale di Arthur Dykes. Dopo di lui, altri tre bussarono alla porta di Leonard e, qualche giorno dopo, due ancora. "The wind was rising" commenta il biografo Richard Morris, alludendo evidentemente al versetto evangelico sul vento che soffia dove vuole. Insomma, si cominciava a capire in quale direzione avesse preso a spirare, per Leonard, il vento del destino. A Le Court il flusso di quanti desideravano essere accolti iniziò ad ingrossarsi, finché non divenne inarrestabile. Leonard Cheshire cominciò a pensare, dunque, che la sua idea sarebbe stata concretizzabile, se le autorità sanitarie avessero assecondato il suo progetto. Ma, anche su questo, c'era di che essere scettici. Era pura follia credere che i funzionari della sanità potessero autorizzare Cheshire a svolgere un'attività di assistenza in una struttura come Le Court. Il giudizio di un medico non lasciava scampo: "Lei non ha idea di quello che sta facendo, e non ha il diritto di farlo".

Nessuno poteva negare che l'immobile, un mostro con venticinque grandi stanze, fosse fatiscente. La vernice degli infissi era scrostata, il legno marcio e le cerniere non tenevano più; non era nemmeno possibile accostare o aprire i finestroni. Bisognava liberare dalla fuliggine la canna fumaria dei grandi camini e sulla sommità degli imponenti fumaioli da tempo nidificavano indisturbate alcune specie di uccelli. I muri erano lesionati in più punti e uno spesso strato di sporco ricopriva il parquet. Nei giorni di pioggia l'acqua penetrava abbondantemente all'interno, scorrendo lungo le pareti; sulla carta da parati crescevano tanti di quei funghi da potersene saziare a tavola. Per non parlare del giardino sul quale Leonard, che pure con il suo bombardiere aveva ridotto in cenere intere regioni, perse la battaglia con la quale avrebbe dovuto liberarlo dalle erbacce, lotta impari per un uomo solo. Non c'erano risorse per sistemare i locali, tanto meno per retribuire del personale qualificato che si prendesse cura degli ospiti.

Da quella situazione, chiunque sarebbe scappato. Bastava riflettere un po' per rendersene conto. Ma naturalmente un pilota bombardiere non conosce l'arte della riflessione. Per prendere le sue decisioni, Leonard non aveva criterio diverso da quello che lo aveva colpito nelle parole di Gesù: del vento tu sentirai la voce. Infatti, come si è detto, "the wind was rising" - il vento si stava alzando e spirava nel senso contrario rispetto alla desistenza. Leonard si rendeva perfettamente conto che lo Stato non avrebbe fatto niente per quelle persone che ormai erano diventate per lui dei volti familiari. Gli sembrava, inoltre, che Dio le avesse messe di proposito sulla sua strada. Non gli piaceva indugiare in lunghi ragionamenti. "Sentivo che bisognava farlo" disse, "dormivo su un materasso alla loro porta, e a ciascuno avevo dato una campanella per chiamarmi".

Qualcuno pensava che dietro questo suo generoso impegno ci fosse un'infatuazione religiosa. La cosa non era da escludere, ma lui non si attardava nemmeno dietro questo genere di timore. Diceva che, puntualmente, ci pensavano "le circostanze e la gente a rimettermi coi piedi per terra". Rimaneva però il problema: come affrontare una situazione che rischiava di divenire incontrollabile? Nel libro C'è Dio in tutto questo? la Lawrence rivolge questa domanda al diretto interessato. "Essendo inglese" rispose candidamente Leonard, "costituii un comitato; il quale, tra le sue prime deliberazioni, osservò che la chiave del problema era il denaro. "Senza denaro" mi dissero "non si può far funzionare una istituzione del genere. Ora noi chiuderemo la casa, organizzeremo una sottoscrizione pubblica in piena regola, e quando i fondi saranno in banca ripartiremo col piede giusto". Così fu convenuto. Ma, a questo punto, qualcuno chiese cosa si intendesse fare dei ventidue ospiti di Le Court. Nessuno lo sapeva, non c'era altro posto dove mandarli. Il problema fu rinviato alla prossima assemblea, poi da questa alla successiva, e avanti così. Infine si constatò questa stranezza: senza denaro Le Court continuava a funzionare. Il che mi fece molto piacere".

I soldi, certo, erano un problema. Ma era un fatto che la residenza funzionava anche senza fondi. Certo, questa è una cosa difficile da spiegare, eppure succedeva proprio così. Leonard Cheshire capì allora qual era la politica giusta da portare avanti: partire da quello che accade, mettendo da parte i progetti personali, insieme ai timori legati all'incertezza del loro successo. Fu così che decise di aprire una seconda residenza. "A Predannack presi uno degli edifici abbandonati dell'ex aerodromo. Aveva ospitato il comando della vecchia base, non ci abitava più nessuno da cinque anni, e i venti tempestosi della Cornovaglia l'avevano ridotto male. Scrissi al Ministero che lo volevo per ospitare i disabili, certo che la risposta avrebbe tardato almeno sette mesi e che se nel frattempo mi ci fossi installato non mi avrebbero buttato fuori".

Dopo questa seconda residenza di Predannack, sorta a ridosso delle romantiche scogliere di Mullion, punta estrema della tempestosa Cornovaglia, altre se ne apriranno. Così, nel 1955 Leonard Cheshire inaugurò ufficialmente a Le Court, alla presenza di sua maestà la Regina Madre, la prima "Cheshire Homes". Poco dopo, erano già sei le Homes attive nel Regno Unito e nel 1956 Cheshire era pronto per estendere questa realtà anche all'estero.

Per saperne di più

(Settima parte. Continua)

Leonard Cheshire è autore di numerosi libri. Oltre questi, sono da segnalare:

Richard Morris, Cheshire: The Biography of Leonard Cheshire, VC, OM. Penguin Books Ltd, 2001. (In lingua inglese)

Alenka Lawrence, Leonard Cheshire. C'è Dio in tutto questo? Edizioni San Paolo, 1994. (In lingua italiana)


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