Sono stata a Sarzana al Festival della Mente, prima, e a Milano, alla Feltrinelli di Piazza Duomo, poi, ad assistere alla presentazione del nuovo libro autobiografico di Michela Marzano, Volevo essere una farfalla (Strade Blu, Mondadori 2011).
La quantità di persone presenti e il profondo livello di coinvolgimento e partecipazione in entrambe le occasioni, mi hanno reso inevitabile una riflessione, soprattutto perché sono convinta che per dare ragione di una tale risposta emotiva non sia sufficiente chiamare in causa la storia narrata, certo toccante, drammatica e sfrontatamente sincera, ma sia necessario piuttosto guardare al bisogno sociale cui risponde una tale esposizione, interrogandosi sull’urgenza da cui tale racconto nasce, che non è quella del fare i conti con la propria vita, né soltanto quella del dover affrontare un tema delicato e importante quale l’anoressia.
Riflettere su questo significa anche interrogarsi sul ruolo che può avere oggi la scrittura autobiografica in relazione al problema identitario – non tanto della singola identità quanto del come ci poniamo rispetto ai meccanismi di costruzione ed esibizione del soggetto che intendiamo essere.
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Michela MARZANO risponde ad Anna Stefi
Anna Stefi ha ragione. Se ho scritto questo libro, non è stato certo per fare i conti con la mia vita. Quelli, li ho fatti già da tempo. Anche se poi, come spesso in questo genere di cose, i conti con la vita non tornano mai completamente… Forse è proprio questo che volevo raccontare quando ho cominciato a scrivere Volevo essere una farfalla. Perché la vita è fatta sempre e solo di parole balbettate e di discorsi lasciati a metà. Perché quando si cerca di far rientrare tutto all’interno di un sistema perfettamente coerente e logicamente impeccabile, ci si incastra e si vacilla. Allora sì, il “perché” di questo libro è la necessità di riconoscere, accettare e, perché no?, rivendicare la fragilità e la vulnerabilità dell’esistenza umana. Quel dolore di vivere che conosciamo tutti, anche se non tutti, per fortuna, passano per il calvario dell’anoressia. Anche perché, in fondo, l’anoressia è solo un sintomo. Un sintomo drammatico da cui tante persone non riescono ad uscire. Ma pur sempre un sintomo tra gli altri, più o meno visibile. Che strazia il corpo quando non si riesce a trovare un altro modo per “dire” quello che non va, quello che manca, quello che ci perseguita. Che lascia a bocca aperta perché “incomprensibile”, quando lo incrocia per strada nello sguardo perso di chi ne soffre. Che fa morire… E che rinvia sempre a questa terribile incapacità di accettare le debolezze…
MICHELA MARZANO IN PUGLIA
presentazione di "VOLEVO ESSERE UNA FARFALLA. Come l'anoressia mi ha insegnato a vivere" - Mondadori, 2011
- 21 ottobre, ore 20.00 - Mola di Bari
- 22 ottobre, ore 20.00 - Fasano
- 23 ottobre, ore 19.30 - Taranto