Recensione dell’opera prima di Lara Cardella
Nel romanzo è presentata anche tutta l’ipocrisia e la crudeltà di persone che, pur se si riempiono la bocca con espressioni quali onore della famiglia non esitano ad esporre la propria figlia, come faranno il padre e la madre della protagonista, a pericoli di non poco conto, anzi a grossi e gravi pericoli. Ma l’ipocrisia non viene evidenziata solo in quel punto ma è già lampante quando Annetta si sente rispondere dalla madre, notate bene dalla madre, la quale aveva saputo che la figlia aveva raccontato alla propria nonna quello che lo zio le aveva fatto anni prima, “Te lo potevi tenere per te. L’hai fatta morire tua nonna.”
Qualcuno mi deve spiegare come può una madre caricare la figlia di un tale fardello di colpe. Il punto più squallido nel quale si capisce la bassezza infima alla quale un uomo possa arrivare lo si incontra verso la fine quando Annetta, rimasta in casa sola, di sera, con lo zio viene quasi spinta da lui a compiere atti di sesso orale. Ma non è ancora questo il punto più infimo… No! Il punto nel quale più salta all’occhio del lettore la miseria umana di quell’uomo si ha quando, mentre Annetta è in ginocchio davanti allo zio, nudo, entra nella stanza, rimasta aperta, la figlia maggiore degli zii, la quale, rivolta alla cugina le dice: “Non ti preoccupare, che poi esce il latte!”
Fortunatamente la vicenda avrà poi, nonostante tutto, un lieto fine. Ho usato il corsivo per lieto fine non perché non lo sia ma perché in questo lieto fine si nota, una volta di più l’ipocrisia dei genitori di Annetta che, dopo il rischio corso dalla figlia e dopo che lei era stata accolta, per qualche tempo a casa di una sua compagna di scuola, quella stessa compagna di scuola che l’aveva istruita nella sua fase da buttana, i genitori di Annetta, “si ricordano di avere ancora una figlia” e la riportano a casa. Una lettura che, pur esaurendosi nel giro di poche ore, fa riflettere molto e molto profondamente.