di Lucrezia Argentiero
Guardo il cielo: le sagome di due aquile tracciano una traiettoria ondulata, vanno giù a prendere il vento e risalgono con pochi battiti d'ali, spinti dalle correnti. Giocano. Capita di incontrarne diverse nel bel mezzo del parco del Pollino (il più esteso d'Italia con i suoi 192 mila ettari), in Basilicata. E viene voglia anche a noi di alzarci in volo, di giocare. Così a San Costantino Albanese, che sorge sulle sponde del fiume Sarmento, ci divertiamo a sentirci delle vere rapaci. Non bisogna avere grandi ali, robusti artigli e un becco potente e uncinato, ma raggiungere il punto di partenza del Volo dell'Aquila per vivere un'avventura divertente e adrenalinica ed essere ad altezze vertiginose, un po' come se si fosse su un deltaplano, ma fissate, in tutta sicurezza, ad un cavo d'acciaio lungo poco più di mille metri. Un'avventura da vivere con le amiche, in quattro contemporaneamente. Noi l'abbiamo fatto. A valle ci posizionano su un veicolo a quattro posti, detto sky glider, corredato di maniglioni e poggia-piedi, e dopo essere state opportunamente imbracate, veniamo trasportate da una fune traente, per raggiungere la "stazione" di monte.
Volo dell'aquilaMetro dopo metro, catturati dalla bellezza del panorama circostante, ci si spinge verso l'alto. Una volta arrivate a quota 800 metri, tutto è pronto. Pochi secondi ancora di attesa e poi d'incanto ci ritroviamo libere nell'aria, prendendo subito velocità. Lo spettacolo ha inizio. Si vola per un minuto intenso di emozioni, a 80 chilometri l'ora.
Abbiamo un po' paura, ma l'energia è più forte e vale la pena spalancare gli occhi per godere delle bellezze sottostanti: gli intrecci delle vette del Pollino sacre agli Dei, il verde rigoglioso dei boschi, i tetti del piccolo centro storico di San Costantino Albanese . Poi pian piano si rallenta e si torna con i piedi per terra e "dentro", un carico di magiche emozioni.
È possibile volare come "aquile", tutti i giorni (www.volodellaquila.net), con un biglietto di 15 euro a persona.
Verrebbe quasi voglia di fare il bis, ma c'è anche il paese da scoprire, con la sua storia legata agli insediamenti albanesi in Italia: ha anche il secondo nome, Shen Kostandini. Qui gli arbëreshe (appellativo antico delle popolazioni albanesi) si rifugiarono intorno al 1550. Ed è come entrare in un mondo a parte. Tra i vicoli del piccolo borgo, abbiamo incontrato la gente che ancora parla il dialetto arbëreshe, l'antico idioma albanese. Curioso, sembra di essere all'estero, pur essendo in Italia. Fatichiamo a capire cosa ci dicono le signore anziane sedute al fresco dell'uscio di casa, ma basta il loro sorriso e la loro accoglienza (ci offrono pure i taralli, biscotti dalla particolare forma che assomiglia ad un tre romano, preparato con farina, acqua, sale e semi di finocchio selvatico) per farci sentire a casa. Una ricchezza umana e culturale che si aggiunge dunque a quella già sconfinata della natura e dei paesaggi del Parco. Volo dell'aquilaCi inoltriamo tra i vicoli, per visitare la seicentesca chiesa Madre, di rito greco-ortodosso. Pensate che la messa viene officiata con il rito Greco-Bizantino, secondo la Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo ed è quasi interamente cantata in lingua albanese.
Raggiungiamo, infine, il museo dell'Etnobotanica allestito presso la Casa Parco del Comune di San Costantino Albanese. È curioso osservare pure gli abiti tradizionali delle donne, tessuti ancora, usando fibre di ginestra, secondo antichi metodi tramandati di madre in figlia e utilizzando ancora con antichi strumenti quali spole, rocche, filatoi e telai a mano.