Voluntary disclosure: il comportamento degli eredi

Da Pukos

Uno dei temi di particolare interesse nell’ambito della procedura di voluntary disclosure è quello relativo alla collaborazione volontaria da parte degli eredi che hanno ricevuto in successione attività e investimenti esteri, formati in anni passati dal de cuius, ma non indicati nella dichiarazione di successione presentata in Italia.

In questi casi, che in linea di principio rappresentano le fattispecie più convenienti da regolarizzare tramite voluntary (soprattutto quando le attività sono state costituite in anni risalenti) la prima cosa da considerare è che gli eredi non rispondono delle sanzioni imputabili al de cuius, sia sotto il profilo delle imposte, che sotto quello dell’RW. Ne consegue che se, per esempio, le attività estere illecitamente detenute sono state costituite dal de cuius nel 2003 e questi è deceduto a fine 2011, gli eredi dovranno limitarsi a versare tramite la voluntary:

  • le sole imposte sui redditi per gli anni ancora accertabili riferite al de cuius;
  • le imposte e relative sanzioni sulle violazioni commesse in prima persona dagli stessi eredi per il 2012 e il 2013 (presumibilmente connesse con la mancata tassazione di redditi finanziari o eventuali canoni di locazione)
  • le sanzioni relative all’RW non compilato dagli eredi fino al 2013.

Sul versante dell’imposta di successione, inoltre, scatterà l’accertamento della maggiore imposta, poiché il relativo termine è ancora aperto, considerato che ai sensi dell’art. 27 TUS, tale termine è quello, al massimo, di cinque anni dalla data di presentazione della dichiarazione (che deve avvenire entro 12 mesi dall’apertura della successione). Saranno evidentemente applicate poi le conseguenti sanzioni per infedele dichiarazione (100% della maggiore imposta) senza che vi siano specifiche riduzione “da voluntary”, considerato che la L. n. 186/2014 non fa alcun riferimento all’imposta di successione, mentre restano salve le riduzioni “ordinarie” derivanti dalla definizione della maggiore imposta dovuta.

Dal punto di vista temporale, si ritiene che sia opportuno dapprima presentare l’istanza divoluntary e poi presentare la dichiarazione di successione “integrativa” rispetto alla precedente. Ciò al fine di evitare che, facendo l’inverso e presentando prima la dichiarazione di successione, possa realizzarsi una causa ostativa in quanto l’Ufficio territoriale, in linea di principio, riscontrata la presenza di attività e investimenti esteri nella dichiarazione di successione, potrebbe fare una segnalazione alla Direzione Provinciale competente da cui potrebbero scaturire accessi, ispezioni o verifiche mirate cheprecluderebbero l’accesso alla procedura di collaborazione volontaria.

Pertanto è preferibile prima presentare l’istanza di voluntary, in modo da essere in grado anche di quantificare le imposte che si dovranno pagare per conto del de cuius e che, in quanto tali, rappresentano passività deducibili dall’attivo ereditario ai sensi dell’art.  21, comma 5, TUS, secondo cui i debiti tributari del defunto, i cui presupposti si sono verificati prima della morte, sono deducibili dall’attivo ereditario anche se accertati in data posteriore. Dopo di che, potrà essere presentata, a stretto giro, la dichiarazione di successione integrativa, (comprensiva delle imposte dovute per conto del de cuis) sulla base della quale verrà notificato il relativo avviso di accertamento per il recupero della maggiore imposta e relative sanzioni.

Fonte: ECnews


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