Voràce
Dal latino vorace(m), derivato di vorare ‘divorare’.
Aggettivo.
1. Che ha bisogno di una grande quantità di cibo per saziarsi (detto di animale): lupo vorace; la locusta è un insetto vorace. Sinonimo: edace.
2. (estensione) Che mangia molto o troppo, con particolare avidità, golosità o ingordigia (detto di persona): un bambino vorace. Sinonimo: ingordo.
3. (figurato, letterario) Che distrugge con furia, con impeto rabbioso: la fiamma subita e vorace / non perdonò ad alcun, ma tutti estinse (Ariosto).
Divoràre
Dal latino devorare, composto di dì- ‘di- rafforzativo’ e vorare ‘inghiottire’.
Verbo transitivo [io divóro ecc.].
1. Mangiare con avidità, con voracità (detto di animali, specialmente feroci): il leone divorò la preda; si è divorato il pranzo in un baleno.
(estensione) Mangiare voracemente, inghiottendo il cibo in fretta, senza quasi masticarlo: ha letteralmente divorato la cena.
2. (raro, letterario, figurato) Depredare, distruggere, soggiogare: l’ambizione… soffia in cuor de’ potenti, incitandoli a divorare i vicini (Muratori).
3. (figurato) Consumare, distruggere: l’incendio ha divorato tutto il bosco; essere divorato dalla gelosia.
Divorare un patrimonio: dilapidarlo, sperperarlo.
Divorare un libro: leggerlo velocemente, d’un fiato.
Divorare la strada, il cammino, i chilometri: percorrerli a gran velocità.
Divorare qualcosa o qualcuno con gli occhi: guardarlo con intenso desiderio.
Divoràrsi
Verbo intransitivo pronominale.
(figurato) Struggersi, consumarsi: divorarsi dall’invidia.
Una (parola) giapponese a Roma
Dan [dan]
Voce giapponese.
Sostantivo maschile invariabile.
(sport) Nelle arti marziali giapponesi, ciascuno dei gradi che indica il livello di abilità dei praticanti che hanno conseguito la cintura nera: primo, terzo dan.
Utilizzato per indicare chi ha raggiunto tale livello: tiene i corsi un terzo dan di karatè.
La Parolata propone e Frasi celebri
Sempre sul "sé stesso", ci scrive Cristina Marsi.
— Sto pensando che non sempre la parola "stesso" seguendo il "se" elimini la possibilità di confusione con il se ipotetico, neppure al singolare.
Pensa ad una frase del tipo:
"mi chiedo se stesso si scriva con una sola esse o con due".
Io sono per il sè accentato!
Inoltre ricordo una tiritera imparata al liceo per ricordare i monosillabi che richiedono l’accento:
"ché dà dì
è là lì
né sé sì"
Stava poi allo studente ricordare che:
ché= perché,
dà= voce del verbo dare,
dì= voce del verbo dire (e forse anche dì=giorno, dovrei controllare…),
è =voce del verbo essere,
là= avverbio di luogo,
lì= idem,
né= negazione,
sé= il soggetto della nostra discussione,
sì= affermazione. —
Cristina usa un trucchetto, perché la sua frase, a rigore, dovrebbe essere scritta con "stesso" tra virgolette: mi chiedo se "stesso" si scriva con una sola esse o con due. Ma accettiamo ugualmente la frase proposta e la inseriamo nella nostra collezione.
Quando qualcuno sta trasportando qualcosa come, ad esempio, un cartone di bottiglie di vino oppure, ancora meglio, un pacco regalo, bisogna avvicinarlo dicendo: “Grazie, ma non dovevi disturbarti, sei gentilissimo” e fare finta di prendergli dalle mani il cartone o il pacco.