Abbiamo la speranza in noi, o non l’abbiamo,
è una dimensione dell’anima,
e non dipende da una particolare osservazione del mondo,
o una stima della situazione.
La speranza non è una predizione,
ma un orientamento dello spirito e del cuore,
trascende il mondo che viene immediatamente sperimentato,
ed è andata da qualche parte al di là dei suoi orizzonti.
(Vaclav Havel)
Cerco di riprendermi dalla lunga notte di Capodanno, botti, luci, fuochi, colori e cibo delizia del palato privo di inibizioni. Inutile vagare tra le stanze con fare inconcludente, il richiamo del divano diviene una certezza e lì mi accascio manco fosse la caverna dell’uomo primitivo, rifugio sicuro per notti temibili. Lampada, soffitto, televisore e in questo loop di immagini mi perdo nella prima riflessione del primo giorno dell’anno. Mi soffermo a pensare, quanto il nuovo anno sia un anno particolare, dovrà essere un anno particolare. Trecentosessantacinquegiorni dove la parola “speranza” sarà testata d’angolo di ogni singola azione, Madre Teresa diceva : “ E’ meglio accendere una candela, piuttosto che maledire l’oscurità ” . In questi anni non avrei mai pensato di assistere ad un declino sociale, economico e culturale così profondo nel mio Paese, non almeno negli anni in cui avrei vissuto. Ho conosciuto l’austerità, come la chiamarono negli anni ’70, ma non la povertà, quella vera l’incontrai in altri luoghi del Mondo. Ho vissuto la semplicità della carta stampata, la manualità della macchina da scrivere, la rumorosità delle calcolatrici meccaniche e i coriandoli dei telex, i nonni degli attuali fax. Ho subìto il fascino della tv in bianco e nero e l’entusiasmo per la “radio libera”… ma ciò che vedevo accanto a me, ogni cosa mi venisse trasmessa trasudava voglia di fare, di concorrere a raggiungere un obiettivo, e in tutto questo sentivo di dover fare la mia parte. E quale fosse il reale carburante di tanta motivazione è chiaro fosse la speranza… speranza per un futuro migliore, proprio, ma anche collettivo. Ad ogni capodanno avvertivo però che il progresso accelerava vertiginosamente ogni cosa, trascinando la concretezza in un abisso sempre più profondo per lasciare la superficialità in bella vetrina. L’impegno e la costanza vennero pian piano sostituiti dall’euforia del tempo libero, della trasgressione (parola forte negli anni ’80), il sostantivo “collettività” lasciò lo spazio a “individualità”, più ho, più desidero; “l’essere” anno dopo anno venne soppresso “dall’avere”; la tecnologia conquistò l’immediatezza, la facilità di comunicare, condividere informazioni a scapito del valore delle relazioni personali. Oggi fatichiamo a concepire la nostra vera identità da quella utilizzata in rete e a volte pensiamo di essere ciò che non siamo affatto appena usciamo dalla nostra zona “confort”. L’assordante varietà e circo mediatico ci ha sospinto in un mondo fatto di colore, musica, piacere, allontanandoci dalle nostre responsabilità civili, creando uno schermo protettivo per una classe politica, eletta per rappresentarci e invece intenta a costruire una casta di cui oggi siamo ostaggi inermi. Col passare del tempo commiseravo i nuovi arrivati a carriera, non lì per merito ma per “raccomandazione”, frutto di un sistema che andava cancellando il duro piacere del “sapere” ed assistevo al dilagare di un seme che nel tempo avrebbe dato i suoi frutti migliori … la mediocrità. Questo è ciò che penso ancora assopito osservando il soffitto avvertendo la voglia che qualcosa cambi. Vorrei che fosse un anno davvero nuovo ! Vorrei che questa classe politica fosse sostituita da gente capace di dare risposte concrete al mio Paese; vorrei che il desiderio e la volontà di cambiare lo stato dell’arte delle cose approdasse in ognuno di noi tornando ad assumerci responsabilità civili, sociali e culturali; vorrei che la difesa dei singoli privilegi venisse abbandonata in favore di una causa comune, quella di ricostruire il Paese per garantire un futuro migliore ai giovani senza speranza, vorrei insomma che la dignità tornasse di moda. Mi rifaccio ad un solido pensiero espresso dal politico e drammaturgo Ceco Vaclav Havel, lui che di speranza ha vissuto non dimenticando mai che una luce alla fine si sarebbe accesa, un grande esempio civile. Leggete sopra . Buon anno e speranza a tutti.
Bruno